Léo Delibes

Sylvia

Degna di nota è la componente mitologica arcadica del soggetto. Le origini del balletto risiedono nel poema “Aminta” di Torquato Tasso del 1753, dal quale Léo Delibes trasse la trama. L’arrangiamento con il piano fu composto intorno al 1876 e la partitura orchestrale fu ultimata nel 1880. Quando Sylvia esordì il 14 giugno 1876 all’Opéra Garnier, il balletto ebbe successo ma in seguito passò inosservato per più di sette produzioni e non avvenne il successo auspicato. Nonostante il parziale successo iniziale la composizione venne ugualmente rappresentata con alterne fortune. Nel 1948 avvenne la centocinquantesima recita al Palais Garnier e nel 1952, il coreografo Frederick Achton allestì nuovamente una versione nuova del balletto: il successo finalmente arrivò. Sylvia è uno dei migliori balletti composti. Tchaikovsky, che scrisse tre grandi balletti, era un entusiasta ammiratore della musica per Sylvia. Purtroppo, Sylvia non ha mai raggiunto la fama che ha seguito l’altra grande composizione di Delibes, “Coppélia”, ma, secondo me, Sylvia è leggermente migliore per tre motivi fondamentali: drammaticità, abbondanza di walzer ed estrema liricità. Questa è la mia impressione puramente soggettiva. Brillante l’esecuzione di Richard Bonynge con la National Philharmonic Orchestra. Se amate la musica per balletti, o semplicemente la musica del Romanticismo, acquistate questa registrazione eccezionale finché è disponibile. Registrazioni eseguite dal 1974 al 1976 e rimasterizzazione effettuata nel 1989. Audio ottimo. Altamente raccomandato.

Léo Delibes

Sylvia – Genesi e storia del balletto

Benché i due balletti dei quali Léo Delibes fu interamente responsabile per la composizione della musica fossero separati da un intervallo di appena sei anni, si ha l’impressione che possono derivare da periodi molto differenti, come in certo senso fu il caso. Coppélia fu composto durante gli ultimi anni del Secondo Impero, quando Parigi era il centro del piacere di tutta l’Europa, mentre Sylvia nacque in un’atmosfera meno frivola, quando la Francia, divenuta Repubblica, si stava ancora riprendendo dal trauma della guerra franco-prussiana e dalla “Commune”.
L’allegra noncuranza del Coppélia, non è completamente assente nel racconto mitologico stilizzato del Sylvia, e in quest’ultimo si avverte una qualità emozionale più profonda e persino influenze wagneriane.
Nel 1875 il nuovo teatro sontuoso di Garnier – l’Opéra di Parigi – fu aperto a un pubblico stupito. L’anno dopo sarebbe stato messo in scena il primo balletto, e l’aspetto sfarzoso della nuova costruzione ovviamente richiedeva un’opera che avesse qualche pretesa di grandezza. Uno scenario di Jules Barbier e del barone de Reinach, basato sul dramma pastorale Aminta di Torquato Tasso fu ritenuto adatto per l’occasione.

L’eroe del balletto, il pastore Aminta, viene scoperto da Sylvia e dalle sue amiche ninfe mentre si stanno rinfrescando in un ruscello. Sylvia, dedicata alla casta dea Diana, è irritata dal fatto che un mortale possa pretendere di amarla, e scocca una freccia verso la statua di Eros. La freccia colpisce Aminta mentre tenta di proteggere il dio dell’amore. La statua quindi scocca un’altra freccia che colpisce Sylvia. Mossa da uno strano sentimento che non riesce a comprendere, essa s’intrattiene per qualche tempo dopo che sono partite le altre ninfe, ma viene rapita dall’oscuro cacciatore, Orione, il quale la desiderava già da tempo. Aminta riprende i sensi grazie all’aiuto di un vecchio mago, e seguendo le indicazioni di Eros, parte per salvare Sylvia.

Nel secondo atto Sylvia è prigioniera nella grotta di Orione. Dopo aver fatto bere del vino a Orione, e aver tentato invano di fuggire, essa supplica Eros di venire in suo aiuto. La grotta sparisce, mostrando Aminta che è seduto tristemente su una roccia.

Léo Delibes

Nell’ultimo atto Sylvia viene ricondotta da Aminta, il quale è ancora in preda alla tristezza e tormentato dall’amore. Ma la felicità della coppia viene interrotta dall’arrivo di Orione, che costringe gli amanti a cercare la protezione di Diana. La dea colpisce il malfattore togliendogli la vita, ma quando gli amanti le chiedono perdono, essa rimane inflessibile. È soltanto quando il malizioso Eros rivela una visione di Diana insieme a Endimione persi nel gioco, che la dea finalmente concede il perdono, e il balletto si conclude con l’allegria generale dei protagonisti.
In conformità con le usanze del tempo, lo scenario aveva già assunto la sua forma definitiva quando fu mostrato a Delibes, il quale creò un abbozzo per la partitura, discutendone i particolari col coreografo Louis Mérante e con la ballerina che doveva danzare la parte di Sylvia, Rita Sangalli. La musica acquistò forma con Mérante e la Sangalli, che davano continuamente consigli al compositore. Numerosi pezzi dovettero essere riscritti due o tre volte; la danse de la bacchante nel secondo atto si rivelò particolarmente difficile e venne riscritta una dozzina di volte prima di acquistare la sua forma finale.
Sorsero ulteriori difficoltà nel corso delle prove generali, durante le quali Mérante si rese conto che a tratti la musica era di durata insufficiente, e Delibes, che sembra sia stato il più flessibile dei collaboratori, presentava regolarmente le battute aggiuntive alla prova del mattino seguente.
Quando Sylvia fu eseguita per la prima volta il 14 luglio 1876, acquistò una rilevanza particolare per il fatto che venne presentata come l’unica opera nel programma, che di conseguenza durò poco più di due ore. Ciò costituiva una grande novità, dato che in quei tempi i programmi per tradizione erano molto più lunghi, e comprendevano sia un balletto che un’opera, a meno che l’opera stessa non fosse troppo lunga, nel qual caso incorporava un suo proprio divertissement.
La brevità del programma non dispiacque a tutti, ma ben presto l’amministrazione fu costretta a ritornare alle vecchie usanze, e dopo le prime tre rappresentazioni, il Sylvia venne in seguito presentato insieme a un’opera.
Il balletto fu un gran successo soprattutto per Delibes, la cui partitura fu ampiamente lodata per la sua eleganza, benché alcuni appassionati di balletto della vecchia guardia, restii alle nuove linee di sviluppo e ai miglioramenti nella musica per balletto, accusarono il compositore di oscurità di stile.
Un critico benevolo vi scoprì “La mano di un maestro della sinfonia”, ma ritenne che l’opera “fosse troppo raffinata e troppo delicata per il bagliore delle luci della ribalta”. Per l’orecchio moderno la partitura melodiosa sembra ideale per la danza, ma al suo tempo segnò un passo in avanti decisivo nella musica per balletto.
In effetti esso preannunciava il lavoro di Ciaikovskij, il cui Lago dei cigni doveva apparire per la prima volta al Bolscioi nel febbraio seguente. Quando il compositore russo udì per la prima volta la musica composta da Delibes per Sylvia, fu estremamente scoraggiato dalla sua perfezione. Fu, come confidò a Taneyev, “il primo balletto nel quale la musica costituiva non soltanto
l’elemento principale, ma ne era addirittura l’unico punto di interesse. Quale fascino, quale eleganza, quale ricchezza di melodie, di ritmi e di armonia! Mi sono vergognato. Se avessi conosciuto quella musica, non avrei scritto Il lago dei cigni”.

Richard Bonynge e Joan Sutherland

Fu un trionfo anche per Rita sangalli, che aveva debuttato all’Opéra nel 1872.
Per causa degli scompigli dovuti alla guerra non vi erano apparse ballerine italiane da alcuni anni, e la qualità impetuosa del suo stile di danza rappresentò un’antitesi emozionante allo stile estremamente corretto ma anche piuttosto arido della ballerina francese stabile, Leontine Beaugrand.
La Sangalli possedeva l’abilità consumata sulle pointes che in quel tempo era una specialità degli allievi della scuola milanese; era famosa più per la sua forza e audacia nell’attacco che per la sua grazia e il suo fascino, e coprì la vasta scena dell’Opéra con salti e piroette che riflettevano il suo pieno godimento nell’esercizio fisico.
Di aspetto era molto italiana, con cappelli color carbone e occhi luccicanti, e possedeva un corpo meraviglioso. Sylvia fu il primo e il più importante ruolo creato dalla Sangalli a Parigi, e comprendeva quattro passi indimenticabili – la valse lente nel primo atto, la danse de la bacchante nel secondo, e due variazioni nell’ultimo atto, il famoso pizzicato e una valse.
Louis Mérante, che allora aveva quarantotto anni, aggiunse alla lunga lista delle sue creazioni il ruolo dell’Aminta. Orione fu danzato da Francesco Magri, un mimo italiano, e il primo Eros – un ruolo en travesti – venne interpretato da Marie Sanlaville.
Mérante aveva fatto del suo meglio con lo scenario alquanto insipido, ma come coreografo disponeva più di una certa competenza che di vera e propria ispirazione, e non gli riuscì di rendere l’azione con la chiarezza della quale sarebbe stato capace.
Nonostante quest’inizio poco promettente Sylvia divenne molto popolare ed ebbe il suo posto fisso nel repertorio dell’Opéra di Parigi fino al 1893.
Rita Sangalli mantenne il ruolo principale fino al 1804, e nel giugno 1892 la parte passò a Rosita Mauri, la quale però era poco adatta al ruolo per via del fisico piuttosto tarchiato. La scenografia originale fu distrutta in un incendio del 1894, e il balletto venne tolto dal repertorio; ma la musica rimase popolare e venne spesso inserita in programmi da concerto.
Da allora vi sono state all’Opéra tre riprese del balletto; nel 1919 con Léo Staats e Carlotta Zambelli, che divenne la Sylvia più famosa di tutte; nel 1941 con Serge Lifar, e nel 1946 con Albert Aveline.
Come balletto, Sylvia non ottenne una fama internazionale come Coppélia. Fece un’apparizione breve sul palcoscenico imperiale russo nel 1901, quando il giovane Diaghilev era legato ai teatri italiani per alcuni progetti speciali. Grazie all’iniziativa di Alexandre Benois, il quale ammetteva di essere un grande ammiratore della musica di Delibes, il gruppo di artisti del “Mondo dell’arte” esercitò pressione sul direttore affinché si facesse una ripresa del Sylvia, e fu assegnato a Diaghilev il compito di curare una messa in scena importante del balletto, alla cui progettazione doveva collaborare un gruppo imponente di artisti quali Benois, Bakst, Lanceray, Korovin e Serov.
Ma poco dopo Diaghilev dovette abbandonare il suo posto ai teatri imperiali e quando fu messo in scena al Maryinsky, verso la fine del 1901, il balletto fece poca impressione, nonostante la partecipazione di Olga Preobrazhenskaya nel ruolo di Sylvia.
Più tardi, nel 1916, il ruolo principale fu danzato da Tamara Karsavina, ma dopo la rivoluzione, Sylvia non fu più in grado di stabilirsi all’interno del balletto russo, anche se molta della sua musica fu impegnata per un balletto intitolato Fadetta, basato su un racconto di George Sand, di contenuto completamente diverso.

Jules Massenet

Musica per balletto da Le Cid

Massenet fu uno dei più fecondi compositori d’opera Francese, ma molte delle sue opere sono state o dimenticate, oppure, nel migliore dei casi, ricordate soltanto per alcuni pezzi.
Le Cid appartiene a questa categoria, dato che le rappresentazioni dell’opera completa sono rare, anche se il balletto dell’opera è ancora oggi apprezzato dal pubblico. E non per caso, poiché la sua musica è melodiosa, viva e non priva di elementi esotici.
Castillane Questa danza, che ha le sue origini in Castiglia, è in un tempo vivace di 6/8, con lo sciocco frizzante delle castagnette che sembra voler suggerire l’immagine di una festa.
Degni di nota sono gli efficaci contrasti fra piano e forte, ottenuti ponendo fiati e archi contro l’orchestra intera.
Andalouse Una danza tranquilla, composta soltanto per archi e fiati. L’accompagnamento costantemente ondulato dei violoncelli conferisce al movimento un’atmosfera languida e alquanto voluttuosa.
Aragonaise Come la Castillane, anche questa danza ha un ritmo animato di 6/8 con audaci contrasti dinamici. Le frequenti pause sulla seconda croma della battuta concedono alla danza una specie di spinta in avanti piena di vigore. Aubade La parola significa “canto mattutino”. Massenet ci presenta una piccola marcia allegra, che viene intonata dal flauto, dal flauto piccolo e dal triangolo. A parte i due accordi finali, gli archi suonano sempre in pizzicato, donando in tal modo alla musica una morsa incisiva.
Catalane La breve e perentoria introduzione conduce a un tema piuttosto cupo nella tonalità minore, suonato dai violoncelli. Esso ricompare più volte attraverso il movimento, cosparso di passaggi suonati in staccato nei fiati.
Un breve presto conclude la danza in maniera vivace.
Madrilène La prima sezione breve di questa danza, che ha le sue origini a Madrid, viene resa esclusivamente dal corno inglese e dal flauto, con un duetto dall’atmosfera nostalgica ed evocatrice. Un accelerando conduce a una seconda
sezione animata, suonata dall’orchestra al completo, nella quale le castagnette svolgono un ruolo di rilievo.

National Philharmonic Orchestra

Navarraise Il ritmo introduttivo, iniziato nel registro basso degli archi e dei fiati, ha l’effetto di far battere i piedi. Viene mantenuto mentre i violini tracciano una serie di frasi brevi che nella partitura sono indicate “avec beaucoup d’allure”. Un graduale accelerando prepara il ritorno dell’Aragonaise, e in seguito una coda eccitante conclude il balletto in maniera veramente sontuosa.

Ivor Guest
(traduzione DECCA 1989 Claudio Maria Perselli)