Schonberg Arnold
Composizioni varie
Non essendo un amante di questo compositore ero scettico sull’acquisto di questo CD. Ironia della sorte, mi è stato regalato per Natale. Posso affermare ora che questo regalo mi ha entusiasmato. Riguardo al primo brano – Verklarte Narcht la sezione archi dei Berliner Philarmoniker e il consueto carisma di Karajan, ci regalano un capolavoro di incisione mettendo in luce la lucentezza e l’armoniosità di questo spartito. I Berliner Philharmoniker hanno un fraseggio molto raffinato e caldo, con toni quasi raggianti e il suono risulta scintillante, sottilmente sfumato e spesso quasi ultraterreno.
Pelleas und Melisande costituisce la gemma di questa compilation. Questo lavoro quasi seriale è, a parer mio, per molte ragioni il culmine del Romanticismo del XIX secolo. È straussiano e l’opulenza wagneriana e la complessità lo portano all’estremo della tonalità. In questo poema sinfonico si può facilmente riconoscere lo Schonberg maturo. Registrazione eseguita nel 1974. Audio eccezionale. Altamente raccomandato.
Karajan dirige Schonberg
Nel corso della sua carriera di interprete Karajan giunse piuttosto tardi alla musica di Schonberg. Il che non significa che non la conoscesse o che non ne fosse affascinato. Quand’era studente a Vienna nei tardi anni Venti Karajan ebbe diverse occasioni di ascoltare lavori di Schonberg e di Berg, nonché di Webern, che udì spesso anche in veste di direttore delle proprie opere. Nel corso dei suoi primi incarichi ad Ulma e ad Aquisgrana Karajan ebbe ben poche possibilità di eseguire quelle musiche.
Negli anni Trenta il pubblico della provincia tedesca era estremamente ostile all’atonalita. A dire il vero, durante il periodo passato ad Aquisgrana fra il 1935 e il 1942 il maestro di Salisburgo riuscì a dirigere parecchia musica contemporanea: quella di Schonberg, tuttavia, non venne mai affrontata, dato che la politica culturale antimodernista ed antisemita del regime nazista lo impediva assolutamente. Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale Karajan fu apertamente e dichiaratamente scettico circa il valore insito in esecuzioni men che adeguate, basate su un numero di prove insufficiente, di musica difficile. A questo proposito il maestro ebbe degli scambi epistolari feroci con il collega Gottfried von Einem.
Questa posizione di Karajan tuttavia affondava le proprie radici in una concezione estetica ben più profonda di un semplice rilievo tecnico- professionale. Un’opera d’arte piena, avrebbe argomentato il maestro, può esprimere emozioni sgradevoli, ma non può essere di per sé spiacevole. Un accordo dissonante di Schonberg ha lo stesso diritto di essere eseguito a regola d’arte di uno di Mozart. Le Variazioni per orchestra erano l’opera di Schonberg che affascinava di più Karajan. Il maestro la diresse per la prima volta nell’ottobre del 1962 alla testa dei Berliner Philharmoniker, e poi passò i dodici anni successivi a perfezionarne e rifinirne l’esecuzione, sia in prova che in concerto.
Quando nel 1974 Karajan alfine lo incise, ridispose l’orchestra in modo differente in ciascuna variazione. Il procedimento scosse ed indignò la vecchia guardia – il far musica che si svende ai trucchetti della tecnologia – , ma entusiasmò invece un personaggio come il pianista Glenn Gould, appassionato fanatico di Schonberg, il quale sosteneva da tempo che le sale da concerto non erano i luoghi adatti all’ascolto d’una simile musica.
Le opere giovanili di Schonberg, radicate nel mondo sonoro di Wagner, di Brahms e di Richard Strauss, non ponevano certo problemi del genere. Nel 1967 Karajan diresse a Berlino i Gurrelieder, lavoro epico per coro e orchestra, e l’avrebbe anche inciso, se non fosse scoppiata una disputa con la casa editrice circa il desiderio del maestro di eseguire il pezzo con alcuni ritocchi all’orchestrazione. La sfida posta all’esecutore da Verklarte Nacht, qui nella
versione per orchestra d’archi, non è poi molto differente da quella presentata dalle Metamorphosen di Richard Strauss: né tantomeno si può considerare Pelleas und Melisande quale territorio alieno a Karajan.
L’opera di Debussy sul medesimo soggetto ebbe una profonda influenza sul maestro, e fu a lungo nel suo repertorio: Karajan ne era considerato uno degli interpreti più originali.
Le esecuzioni di Verklarte Nacht e Pealleas und Melisande presentate qui risalgono all’inverno del 1973-74, quando Karajan era prossimo a compiere 66 anni. Nell’edizione originale facevano parte di 4 LP dedicati ad opere di Schonberg, di Berg e Webern usciti sul mercato nel febbraio del 1975, che ebbero un gran successo. L’esecuzione dei Tre pezzi per orchestra di Berg diede luogo a diverse riserve da parte dei critici: l’interpretazione produceva un grande impatto ed era immensamente vigorosa, ma si trattava di una parafrasi forse troppo libera del testo berghiano. Ciò nonostante, questi LP vennero presto considerati dei classici, sia per il risultato musicale che per la dimostrazione di quali vertici potesse toccare l’arte della registrazione, un riconoscimento quest’ultimo al meticoloso, scrupolosissimo lavoro compiuto dal produttore Hans Weber e dal responsabile tecnico Gunter Hermanns. Schoenberg compose originariamente Werklarte Nacht per sestetto d’archi. Il pezzo venne scritto in tre settimane nel corso di una vacanza trascorsa dal compositore in compagnia del collega Alexander von Zemlinsky nel settembre del 1899.
Verklarte Nacht non ha bisogno di giustificazioni o di appoggi extramusicali per essere ascoltata e goduta, è un pezzo elettrizzante e pienamente coinvolgente, 30 minuti di pura musica: pure, la fonte letteraria utilizzata da Schonberg, l’omonimo poema di Richard Dehmel, non è certo priva di importanza ai fini della comprensione di quest’opera.
Due amanti passeggiano tra gli alberi in una notte fredda rischiarata dalla luna. La ragazza è incinta di un altro uomo. Il nuovo amante, calmo alla luce della luna, la rassicura: l’amore che provano l’una per l’altra li aiuterà a legare il bimbo ad entrambi come se fosse loro. I due si abbracciano e camminano attraversando la “sublime, chiara notte”. Il pezzo è articolato in cinque sezioni, con la camminata al chiaro di luna che precede ed incornicia prima lo sfogo della donna, poi la replica dell’uomo.
Pelleas und Melisande, scritto nell’autunno-inverno del 1902-1903, segna un avvio importante nella poetica e nella scrittura di Schonberg, in quanto l’orchestrazione si basa tanto sull’articolazione e sull’espressione di singoli strumenti ben individuati, che sull’incandescenza sonora collettiva dell’orchestra tardoromantica. Sotto il profilo strutturale, si tratta di un poema sinfonico in quattro movimenti cui l’autore ha dato la forma di un lavoro in un tempo solo. Gli eventi “narrati” ci sono noti dall’opera di Debussy. Apre un’introduzione (6) in cui si tratteggia una foresta ombrosa ove Golaud incontra per la prima volta la sua futura sposa, Melisande, sorta di fanciulla abbandonata.
Alexander von Zemlinsky
Poi viene un’esposizione (7): le principali sezioni tematiche in cui si divide ritraggono il passionale Golaud, il suo spensierato fratello Pelleas, e Melisande stessa. Una sorta di ponte modulante (8) presenta sviluppi dei temi associati a ciascuno dei protagonisti ed introduce un ulteriore motivo che rappresenta il Destino. La seconda parte descrive l’amore di Pelleas e Melisande e la crescente gelosia di Golaud. Ad un breve scherzo a mò di danza (9) seguono subito due episodi più lenti, il primo intensamente romantico (la scena della torre in cui Melisande scioglie i suoi capelli), la seconda nei sotterranei del castello, con i sinistri glissandi del trombone a significare le minacce di Golaud a suo fratello. La terza parte (10 – 12) è un’unica scena d’amore vieppiù estatica che termina violentemente con la ferita mortale inferta da Golaud a Pelleas. Nella quarta parte (13 – 14) vengono ripresi elementi tratti dall’introduzione e dall’esposizione: vi figura anche una sostanziosa coda in due sezioni, una marcia funebre (15) per la morte di Melisande alla quale è nata una bimba; ed una sintesi finale di tutti i temi principali del lavoro (16), basata su tecniche di sviluppo, in cui viene data espressione al profondo rimorso di Golaud.
Richard Osborne
(Traduzione: Massimo Acanfora Torrefranca)
Verklarte Nacht op. 4
Come dice il numero di catalogo, questo è il quarto lavoro pubblicato di Schönberg, nel 1899, ma è la sua prima musica di grande impegno sinfonico (essendo i primi tre numeri raccolte di Lieder per voce e pianoforte, dodici in tutto, dei quali quattro su versi di Dehmel). Non può non destare stupore ancora oggi la decisione con cui il compositore principiante impose a se stesso una sfida magistrale e la vinse. Inizio più significativo non poteva darsi, poi egli continuò così, da genio subito maturo, per tutta la vita.
Ideata e composta in origine, nel 1899, per sestetto di archi, trascritta nel 1917 per orchestra di archi (revisione della trascrizione nel 1943), Verklärte Nacht è un poema sinfonico (vedremo poi la particolarità del suo carattere), uno dei tanti scritti dall’epoca di Berlioz e Liszt in poi, nella convinzione, che era anche di Wagner, che dopo Beethoven la musica sinfonica pura, o musica assoluta, avesse esaurito le sue energie: dunque, per la poetica musicale romantica alla musica era necessario un contenuto, soprattutto un riferimento letterario, una descrizione, un’immagine reale o artistica, per darsi consistenza significativa, per raggiungere un’espressività drammatica e narrativa e un potere simbolico. E si comprende che i versi e i quadri del tardo romanticismo, mistici, allegorici, impressionistici, abbiano fornito molteplici suggestioni ai musicisti di gusto simile (la fonte poteva essere anche assai alta, Dante, Shakespeare, Cervantes,
Byron ecc.). Nessun musicista della tendenza allora progressista pensò mai, beninteso, di dover arbitrariamente improvvisare la sua musica su un contenuto esterno, senza nessuna forma specifica, o che la musica dovesse ridursi addirittura a illustrazione sonora della premessa letteraria o figurativa, facendone solo un commento naturalistico (sebbene sia poi capitato a volte che essa si sia ridotta proprio a commento, pur colorito e ingegnoso). Da questa convinzione nacquero i grandi poemi di Liszt e poi di Strauss (ma nell’ultimo quarto dell’Ottocento la produzione di poemi sinfonici in Germania specialmente, ma anche in Francia, in Inghilterra, in Russia è fittissima) e sulla strada percorsa, con incomparabili genialità e successo, dal giovane Strauss si incamminò Schönberg venticinquenne, che per la sua musica in quell’occasione si ispirò a una poesia del simbolista Richard Dehmel (1863-1920).
Dehmel, ammirato un secolo fa come pochi altri poeti del tempo, è oggi trascurato, quando non vilipeso: non del tutto a ragione, credo. Come Maeterlinck dai francesi (ma non solo da loro), Dehmel fu prediletto dai musicisti tedeschi
(Slrauss, Schönberg, Webern e altri). Ammettendo pure che in musicisti iperraffinati (per esempio, Debussy, Berg, Webern) il gusto letterario possa non essere sempre infallibile (essere giudici sicuri dei poeti contemporanei è difficile perfinoo per i grandi colleghi), un’alleanza, anche temporanea, tra due artisti garantisce, comunque sia, un consenso, un’affinità di idee, una verità dell’epoca. E in quel tempo di eleganza sociale le lussuose edizioni di poesia (grandi pagine ariose, bella carta consistente, le ricche decorazioni floreali: proprio qualche edizione di Dehmel fu davvero lussuosa) potevano ingannare, o almeno illudere, sulla qualità intrinseca del contenuto (chi si lasciasse incantare, e non siamo pochi, dai bei libri). Oggi, versi scadenti su povera carta appaiono subito quello che sono: e questo fatto è forse un guadagno. Che Dehmel simuli profondità ed estasi che non ha, e che ostenti pensieri di esoterica sapienza magri di fatto, non si può negare, ma che abbia saputo essere, a volte, umanamente sollecito, fine, musicale, è anche questo Innegabile. Si che nel poemetto simbolista Verklärte Nacht, incluso nella raccolta Weib und Welt (1896), l’idealismo umanitario allora di moda e il misticismo panteistico attirarono l’interesse di Schönberg.
«Due persone vanno per un boschetto spoglio, freddo; la luna li segue, essi la guardano fissi», così s’inizia la poesia. Sono una Donna e un Uomo, il freddo del bosco invernale li circonda, ma il cielo è limpido e pieno di stelle. La voce della Donna, «Io porto un figlio che non è tuo, cammino nel peccato accanto a te […] Ora la vita si è vendicata: ora ho incontrato te.» Lo sguardo oscuro di lei si perde nella luce. La voce dell’Uomo, «Il figlio che hai concepito non sia di peso all’anima tua; guarda come è chiaro e lucente l’universo! […] Esso
trasfigurerà il bambino estraneo, ma tu lo partorirai a me, da me» |…| «I loro respiri si congiungono in un bacio. Due persone vanno nella notte alta, chiara».
Arnold Schonberg
Dunque, nell’unione delle anime il gelo del mondo è annullato, la ritrovata quiete si confonde nel chiarore delle stelle. Come ho detto, operano qui, non del tutto sinceri né troppo elevati, il misticismo erotico e libertario e la pietas sentimentale allora in voga. Si dice che in questi versi gli “attori”, i soggetti in azione, siano due, cioè i due amanti. Mi pare, invece, che protagonisti della scena siano anche il poeta (e poi, con la musica, il musicista), che osserva le due figure e ascolta le loro voci, le Stimmen («Die Slimme eines Weib spricht […] Die Stimme eines Mannes spricht») e lo spirito del cosmo (il bosco, il cielo, la luna, il chiarore della notte). E nella musica, che è di qualità estetica superiore al testo letterario, si percepisce, con certezza maggiore, la compresenza dei soggetti diversi, espliciti e celati, e delle voci individuali e universali.
Senza pedanteria e senza traccia alcuna di imitazione naturalistica la musica segue i versi di Dehmel e i cinque momenti della poesia (le due figure che si stagliano nella luce del cielo; la confessione della Donna, lo sgomento dei suoi occhi nella luce lunare; le nobili parole dell’Uomo; l’abbraccio e la serenità finale). Ma la musica può ciò che alla poesia è precluso, congiungere, cioè, ed esprimere insieme “parole” e sentimenti, e illuminare nell’ immagine drammatica anche la partecipazione interiore di chi la guarda e la descrive.
Già la scelta del complesso di archi e, dunque, di una sonorità che ci si aspetta uniforme e malinconica, rivela la disposizione espressiva di Schönberg. Verklärte Nacht è l’unico poema sinfonico, tra tutti, concepito come musica da camera, senza le risorse coloristiche della grande orchestra romantica – concepito, perciò, con l’idea della concentrazione poetica e dell’interiorità sentimentale. Lo stile è quello del sinfonismo tedesco wagneriano e in particolare “tristaniano”. Dopo l’avvio cupo e severo, in cui il poeta avvia il suo racconto osservando i due amanti nell’ombra gelidamente desolata del bosco, tutta l’invenzione svolge pochi motivi (come idee fisse), alcuni lineari, altri angosciosamente scattanti, sottoposti a un’elaborazione formale continua (l’apparente fermezza delle “parole” dei due amanti, l’angoscia dei loro sentimenti) e separati a momenti dai misteriosi riflessi del chiarore notturno (qui per l’ascolto è la sorpresa della vibrante invenzione strumentale). Nei cinque “momenti” del poema le brevi, tortuose melodie cromatiche si avvolgono e si svolgono nella tecnica formale della Steigerung (principio essenziale del sinfonismo drammatico e descrittivo, è la intensificazione, l’incalzante ascensione del sentimento e dell’espressione verso un culmine) per segmenti continuamente interrotti fino alla espansione conclusiva, alla mistica unione delle anime con la natura.
Pelleas und Melisande op. 5
Nel dicembre del 1901 Schönberg lasciò Vienna e si trasferì a Berlino, dove lo scrittore Ernst von Wolzogen lo aveva invitato come direttore d’orchestra allo “Oberbrettl”, un cabaret letterario in grande stile che dava i suoi spettacoli al Buntes Theater (Teatro a colori) e che era diventato, sotto la guida animatrice di Wolzogen, luogo d’incontro delle avanguardie artistiche del tempo. Tramite Wolzogen Schönberg entrò nell’aprile del 1902 in contatto con Richard Strauss, che oltre a procurargli un posto di insegnante al Conservatorio Stern e successivamente una borsa di studio della Fondazione Liszt si era impegnato a sostenerlo nella sua attività di compositore.
Strauss era persuaso che la piena affermazione di un musicista non potesse prescindere dal teatro, come anch’egli stava sperimentando. Fu con questa convinzione che suggerì a Schönberg di prendere in considerazione come
progetto d’opera (a suo parere ottimo, ma evidentemente non tanto da dedicarcisi lui stesso) il dramma Pelléas et Mélisande di Maurice Maeterlinck, rappresentato a Parigi nel 1893 e subito diventato l’opera-manifesto del teatro simbolista; già noto anche a Berlino nell’edizione curata da Max Reinhardt al Kleines Theater (Piccolo Teatro) nel 1901, nonché entrato a far parte degli orizzonti, cui sembrava predestinato, dei musicisti: il primo dei quali era stato Gabriel Fauré, autore nel 1898 delle musiche di scena in occasione di un allestimento della pièce a Londra.
Dopo aver attentamente considerato il soggetto, Schönberg rinunciò alla realizzazione teatrale ma non all’idea di comporlo, indirizzandosi sulla forma di un poema sinfonico per grande orchestra. Su questa decisione non pesò il fatto, a lui del tutto ignoto, che nello stesso periodo Claude Debussy avesse lavorato a un’opera sul medesimo titolo: opera che era andata in scena per la prima volta a Parigi il 30 aprile 1902. Piuttosto è probabile che a influenzarlo fosse proprio l’esempio di Strauss, che ammirava come sommo maestro del poema sinfonico, oltre alla possibilità di racchiudere gli stati d’animo e i caratteri del pezzo in forme musicali ben determinate, di tipo sinfonico, secondo una tecnica che un’opera teatrale non avrebbe consentito in eguale misura.
È quanto si ricava appunto da ciò che Schönberg scrisse retrospettivamente in un saggio del 1950, che faceva il punto sulla sua evoluzione di compositore: “Intorno al 1900 Maurice Maeterlinck affascinava i compositori, stimolandoli a creare musica sui suoi drammi. Ad attirare era la sua arte di mettere in scena problemi eterni dell’umanità nella forma di fiabe senza tempo, che non imitavano gli stili antichi. Dapprima avevo progettato di trarre da Pelleas und Melisande un’opera teatrale, ma poi vi rinunciai, sebbene non sapessi che contemporaneamente Debussy stava lavorando alla sua opera. Mi pento ancora oggi di non aver realizzato la mia intenzione iniziale. La mia opera avrebbe avuto un esito diverso da quello di Debussy: forse non avrei colto il meraviglioso profumo della poesia, ma avrei reso più cantabili i personaggi. D’altro canto il poema sinfonico mi fu d’aiuto insegnandomi a esprimere stati d’animo e caratteri in unità musicali ben formulate, tecnica che un’opera teatrale non avrebbe forse favorito altrettanto bene”.
Maurice Maeterlinck
Iniziata il 4 luglio 1902, la composizione fu ultimata, sempre a Berlino, il 28 febbraio 1903. La prima esecuzione ebbe luogo, sotto la direzione dell’autore, a Vienna (dove Schönberg era nel frattempo ritornato) il 26 gennaio 1905, provocando grandi tumulti tra il pubblico e anche tra i critici. A sconcertare furono non soltanto l’esorbitante durata del lavoro (tre quarti d’ora: neanche Strauss era ancora giunto a tanto) e l’enormità dell’organico, comprendente 17 legni, 18 ottoni, due arpe e 64 archi oltre a una nutrita percussione (le grandi Sinfonie di Mahler non erano ancora di casa a Vienna), ma anche l’aggressività della scrittura e l’inaudita densità contrappuntistica, spinta ai limiti dell’indeterminatezza tonale. È lecito ritenere che all’insuccesso contribuissero anche l’insufficienza delle prove (nello stesso concerto era in programma la prima esecuzione della fantasia per orchestra Die Seejungfrau di Zemlinsky, diretta dall’autore) e la scarsa dimestichezza di Schönberg, come direttore, con le grandi masse. Ne è riprova il fatto che solo sei anni dopo, sotto la direzione di Oskar Fried, il pezzo ebbe accoglienza positiva e, a differenza di altri lavori di Schönberg, in seguito non ha costituito più un problema né per le orchestre
né per gli ascoltatori. Si può semmai aggiungere come curiosità che in uno scritto d’introduzione alla partitura del dicembre 1949 Schönberg ricordava ancora il giudizio particolarmente malevolo di un critico, non nominato, il quale dopo l’ascolto aveva suggerito di metterlo in manicomio e di tenere la carta da musica fuori della sua portata. Quel critico era in realtà Richard Strauss, che in una lettera ad Alma Mahler di alcuni anni successiva alla prima esecuzione si era espresso in questi termini: “Oggi, l’unico modo di aiutare Schönberg sarebbe chiuderlo in manicomio. Piuttosto che scarabocchiare carta pentagrammata, farebbe meglio a spalare la neve”. Schönberg aveva commentato: “Dal punto di vista artistico, egli [Strauss] oggi non m’interessa affatto, e ciò che a suo tempo avevo imparato da lui, grazie a Dio l’ho male interpretato”.
Se la partitura di Schönberg aveva segnato il momento di massimo avvicinamento a Strauss, d’altro lato se ne distaccava nel modo di interpretare la funzione della musica nel poema per orchestra: salvando in rapporto al dramma ispiratore l’autonomia della forma sinfonica. Ma anche di questo esito l’autore fu soddisfatto solo in parte, soprattutto dopo che l’evoluzione della sua arte lo ebbe portato in tutt’altre direzioni: pur riconoscendo che nell’opera giovanile comparivano “molti tratti che hanno contribuito a formare lo stile della mia maturità”, lo considerava un passaggio superato. “Il poema sinfonico Pelleas und Melisande”, scriveva nella ricordata introduzione del 1949, “è ispirato da capo a fondo allo splendido dramma di Maurice Maeterlinck, di cui ho cercato di riflettere ogni particolare con solo alcune omissioni e con lievi modifiche nella successione delle scene. Forse, come spesso accade in musica, uno spazio maggiore è riservato alle scene d’amore”. Schönberg proseguiva esemplificando i temi musicali che rappresentavano, “sul tipo dei Leitmotive di Wagner”, i tre personaggi principali di Melisande, Golaud e Pelleas, ed enumerando le trasformazioni che corrispondevano ai mutamenti di atmosfera e agli sviluppi della trama. Ciò che gli premeva anzitutto sottolineare era la novità di soluzioni inconsuete tanto nella melodia quanto nell’armonia (“molte melodie contengono intervalli extratonali, che richiedono movimenti inconsueti dell’armonia”) e la ricchezza illustrativa della strumentazione: quasi con compiacimento si soffermava sulla scena in cui Melisande fa pendere i capelli fuori dalla finestra (“il passaggio relativo si inizia con i flauti e i clarinetti che si imitano rigorosamente tra loro. Si aggiungono poi le arpe, mentre il violino solo suona il motivo di Melisande e il violoncello solo il tema di Pelleas. Continuano poi i violini divisi nel registro acuto e le arpe”), poi su quella nella quale Golaud accompagna Pelleas nelle terrificanti segrete sotterranee, quando “viene prodotta una sonorità notevole da molti punti di vista ma specialmente perché qui per la prima volta nella letteratura musicale è usato un effetto in larga misura sconosciuto: il glissando dei tromboni”. La tensione febbrile che si
addensa nelle linee polifoniche determina una scrittura armonica di straordinaria, inquieta mobilità: il pezzo è impiantato in re minore (questa tonalità, cara al giovane Schönberg, s’incontra anche in Verklärte Nacht op. 4 e nel primo Quartetto per archi op. 7: essa è alla base anche dei Gurrelieder, allora già composti ma portati a termine nella strumentazione molto più tardi, facendo in ogni senso tesoro dell’esperienza del poema sinfonico); i confini armonici sono però assai allargati e toccano zone estreme di incertezza tonale: vi sono impiegati anche accordi per quarte e per toni interi. Da questo punto di vista la partitura di Pelleas und Melisande è un momento essenziale nella chiarificazione espressiva di Schönberg, come egli stesso riconosceva nella sua Harmonielehre (1911): “Gli accordi per quarte si presentano qui isolati una sola volta per esprimere un’atmosfera la cui peculiarità m’indusse contro voglia a trovare un nuovo mezzo d’espressione. Sì, contro voglia, perché ancora oggi ricordo che indugiai a scrivere quest’armonia, ma non potei poi farne a meno data la chiarezza con cui essa mi si imponeva”.
La modernità delle soluzioni armoniche, accanto alla ricchezza del tessuto contrappuntistico e all’audacia delle invenzioni timbriche, rappresenta però soltanto una parte degli elementi che fanno la grandezza, non solo quantitativa, di quest’opera. Il programma che vi è sotteso non si risolve in intenti esteriori, puramente descrittivi, drammatici o lirici, ma del dramma riproduce lo svolgimento interiore, mantenendo salda l’impronta di una forma sinfonica modellata; oltre che sui principi wagneriani dei motivi conduttori, sui capisaldi della musica assoluta. Se Anton Webern, in un saggio del 1912, metteva in risalto proprio la ricchezza delle elaborazioni dei temi disposti “come in una libera fantasia”, Alban Berg, in una più dettagliata analisi tematica scritta nel 1920, notava come nel procedere ininterrotto e particolarmente fitto della partitura si potessero riscontrare quattro ampie sezioni corrispondenti ai quattro movimenti di una sinfonia. La prima parte è trattata come un vasto tempo di sonata, con l’introduzione (l’incontro nella foresta tra Golaud e Melisande, il “motivo del destino” esposto dal clarinetto basso, il tema di Melisande affidato nella forma originale all’oboe e nelle varianti ai legni e quello di Golaud ai corni) e lo sviluppo variato (qui appaiono le armonie di accordi per quarte) dei tre temi-personaggi (quello di Pelleas, che si presenta per ultimo alla tromba e ai corni, ha un carattere vigoroso e cavalleresco). Dopo questo sviluppo, nel quale particolare rilievo assume l’appassionato “motivo del risveglio dell’amore in Melisande” (clarinetto e violino solo), segue una sorta di Scherzo in tre episodi, con le scene della fontana nel parco, della torre del castello e della discesa nei sotterranei: dove quella centrale, in cui Melisande scioglie i lunghi capelli biondi fuori dalla finestra, naturalisticamente drappeggiata dalle arpe come in Debussy, può essere assimilata a un Trio di rarefatta strumentazione solistica, con due violini soli che suonano il motivo di Melisande e il violoncello solo che risponde con quello di Pelleas.
Herbert von Karajan
La terza parte è un Adagio molto esteso, di lunghe melodie e di grande concentrazione espressiva (qui appaiono gli accordi per toni interi), che corrisponde alla scena d’amore e d’addio tra Pelleas e Melisande; la conclude, annunciato da ritmi puntati minacciosi e da forti impulsi percussivi dell’orchestra, l’arrivo di Golaud, che uccide Pelleas. La quarta e ultima sezione (morte di Melisande) è costruita come una libera ripresa di quasi tutto il materiale tematico precedente, con un epilogo con carattere di coda. Il brano si estingue, dopo tanta stratificazione sonora, in un diafano pianissimo sull’accordo di re minore. Nello schema così riassunto sulla traccia indicata da Berg le proliferazioni dei temi, le sovrapposizioni e le metamorfosi appaiono estremamente flessibili e condensate, ma la loro visionaria, incandescente forza emotiva si distribuisce in un discorso sinfonico unitariamente concepito. Ciò spiega perché dall’ascolto di questa partitura smisurata, complessa e audace, che pur conduce i suoi intrecci e i suoi contrasti fino alle soglie della atonalità, si ricavi l’impressione di una misura e di una compiutezza quasi classiche, di una
organica chiarezza strutturale che rende le sue proporzioni formali e i suoi contenuti espressivi naturali e insieme necessari. Guidato da questa necessità, Schönberg trasforma ma non annulla quei valori di relazione e di comunicazione che hanno le loro radici nella tradizione e il loro fondamento nella legge della creazione: un fondamento che anche nel suo avanzamento verso la sospensione tonale è retto da solide ragioni linguistiche e musicali, non meno che spirituali e umane.