Bach Johann Sebastian

Mattaus Passion

Se Bach era il portavoce di Dio, Richter era il portavoce di Bach. Il calore emozionale che il direttore tedesco sa infondere alle sue interpretazioni è davvero eccezionale ed unico. Ogni Cantata o Passione o Messa che sia nelle sue mani diventa diversa come fosse una musica nuova più vicina alle nostre orecchie moderne assetate di patos. Il pezzo forte di Richter sono indubbiamente gli archi che conoscono nelle sue interpretazione un’ampiezza perfetta. Tutte le arie solistiche e l’introduzione sono trattate nel medesimo modo, ampio spazio agli archi che creano una melodia di una bellezza impareggiabile. In tal modo il suono antico diventa intramontabile, ciò che era destinato ad un’epoca lontana da noi diventa attuale come la colonna sonora della passione di Cristo. Arie solistiche come “Blute nur”,”Erbarme dich”, “Mache dich” assumono un colore emozionale più unico che raro. Nessun altro interprete bachiano riesce ad ottenere simili risultati. I corali a mio avviso sono, invece un pò troppo corposi e quindi vengono a tratti a perdere di intimità e religiosità. Anche i recitativi della voce del Cristo grazie alla sapiente gestione degli archi di Richter acquistano un maggiore spessore poetico che conferisce dignità al dramma dell’uomo.
Solisti impeccabili, Coro maestoso e magnifica Orchestra. Registrazione eseguita nel 1959 e rimasterizzazione effettuata nel 2001
Imperdibile!!

Matthäus-Passion (Passione secondo Matteo), BWV 244

Non sono passati nemmeno duecent’anni dal momento in cui, grazie all’iniziativa di Zelter e del suo allievo Felix Mendelssohn, la Passione secondo Matteo di Bach venne tratta fuori dall’oblio in cui era caduta e riconsegnata al patrimonio della nostra cultura musicale. Dal giorno della sua esecuzione a Berlino, 11 marzo 1829, essa è diventata l’opera forse più amata e celebrata fra quelle di Bach che ci sono pervenute. Non è solo una questione di qualità musicale: vi sono infatti Cantate nelle quali l’inventiva e il coraggio sperimentale dell’autore sono di gran lunga superiore. E non è neppure un problema di aderenza fra l’espressione musicale e il contenuto teologico del racconto cristiano: la Passione secondo Giovanni è da questo punto di vista più rigorosa e sottile. Ciò che le ha conferito un innegabile primato è piuttosto la sua evidenza espressiva, come pure la piena visibilità di quelle corrispondenze fra testo e musica che altrove vengono sublimate sotto una superficie di simbolismi difficili da decifrare. Spesso il linguaggio della Passione secondo Matteo è stato definito “teatrale”. Si è sottolineato ad esempio come nell’alternanza fra corali e arie, cori e recitativi, essa introduca nel racconto evangelico le pieghe emotive di un dramma barocco, dando evidenza rappresentativa ai gesti che la musica accompagna: la concitazione della folla, le lacrime dei fedeli nelle arie di preghiera sui versi liberi del canto da chiesa (Kirchen-lied), il pentimento di Pietro, il lutto di Giuseppe di Arimatea. In primo piano, come si vede, sarebbero quei sentimenti umani che il racconto sacro lascia relativamente ai margini e che la musica richiama invece al centro della scena facendone occasione di meditazione.
La forza espressiva della Passione secondo Matteo sta dunque in un rovesciamento di prospettiva rispetto alla tradizionale narrazione della storia sacra. La voce dell’Evangelista racconta gli eventi in modo apparentemente distaccato, ma le arie, i corali e i cori manifestano meglio il coinvolgimento dei fedeli nel pieno di una vicenda nella quale compaiono sia come vittime che come carnefici. Più che la dimensione teologica legata alla questione del “sacrificio”, a toccarci è piuttosto quella umana e troppo umana della “ingiuria”, centro focale della composizione bachiana. Il sacrificio, insegna la teologia, non contraddice l’onnipotenza divina, ma è necessario al disegno della salvezza. D’altra parte, per un’epoca dalla coscienza religiosa così radicata com’era quella di Bach, il racconto di un Dio ingiuriato, flagellato, crocifisso, abbandonato persinO dal Padre, rappresentava un autentico rovello tragico. La vicenda che Bach racconta nella Passione secondo Matteo si concentra su questa componente umana ed è perciò la storia di un Dio indebolito e deriso, è la storia di un naufragio che ci comprende tutti, perché l’intenzione divina viene messa a morte per colpa di quello stesso mondo che essa intende salvare. All’altro capo dell’esperienza dell’ingiuria e della colpa sta la virtù redentrice della pietà, sentimento che nella Passione secondo Matteo è ben più importante di quanto non sia nelle altre Passioni bachiane: è una pietà vista come virtù reattiva, come un bisogno di preghiera che segue alla meraviglia per questo Dio dei naufraghi che non salva se stesso dalla Croce, ma chiede di essere salvato dal cuore stesso dei fedeli davanti ai quali si immola. Quando provò a interpretare il contrasto tra l’onnipotenza divina e la sua sconfitta con la crocifissione, Dostoevskij disse che il sacrificio di Cristo aveva restituito all’uomo il più pericoloso dei suoi beni, la libertà, e insieme ad esso il più ampio dei suoi doveri, la responsabilità. Ora, se nel disegno divino vi fosse solo necessità, come insegna la teologia della croce e come conferma la Passione secondo Giovanni, non vi sarebbe alcuna responsabilità nell’ingiuria, nella libertà esercitata contro Dio. Ma se una responsabilità c’è, come Bach indica evidentemente nella Passione secondo Matteo, vuol dire che anche il disegno divino non è del tutto costrittivo, che l’uomo può evitare il peccato e fare del suo cuore un luogo capace di accogliere Dio. La letteratura mistica tedesca avrebbe protestato contro questa volontà, tacciandola ancora di ambizione. Più semplicemente, Bach si rifà alla tradizione protestante che fa del cuore del fedele il luogo in cui Dio deve essere salvaguardato e della musica fa l’esempio della comunicazione “da cuore a cuore”, come appunto vuole essere la Passione secondo Matteo.

Le Passioni di Bach

I mezzi musicali e letterari con i quali Bach procede in questo caso non sono a rigore molto diversi da quelli con i quali aveva operato nelle sue varie Passionsmusiken. Cinque ce ne sono state tramandate, sia pure in forme a volte frammentarie. La Passione secondo Matteo BWV 244 è l’unica di queste che prevede un doppio coro e venne più volte rielaborata a partire dalla prima versione, realizzata verosimilmente per la Pasqua del 1727. La Passione secondo Giovanni BWV 245 è l’altra che conosciamo in forma integrale e della quale anzi sono pervenute anche significative varianti. Le altre tre, la Passione secondo Marco BWV 247, quella Secondo Luca BWV 246 e un’altra sul testo di Matteo, riutilizzano invece ampiamente musica già scritta da Bach per altre Cantate o sono oggi ritenute apocrife. In tutti questi casi, il lavoro di Bach sembra rispondere in primo luogo alla preoccupazione di semplificare i mezzi espressivi rispetto a quanto avveniva nelle Cantate e di dare maggiore plasticità espressiva al tessuto musicale nel suo insieme.

Salvador Dali – Cristo

La figura dell’Evangelista è da questo punto di vista cruciale: egli non ha solo il compito di narrare gli eventi e di introdurre i personaggi che parlano in prima persona, ma anche quello di anticipare la meditazione e il commento delle arie. La sua guida consente di spostare la capacità di immedesimazione della musica dal piano della ricostruzione operistica dei personaggi, come avviene in Händel, a quello di una mediazione interpretativa che offre costantemente ai fedeli la chiave giusta per cogliere il senso della Passione. Rispetto al racconto di Giovanni, quello di Matteo è molto più ricco di circostanze e annuncia lentamente il martirio di Cristo attraverso il susseguirsi di episodi che lo preparano in un crescendo di drammaticità. La sua traduzione in musica richiede un potenziamento del carattere espressivo della musica e contemporaneamente l’aumento degli interventi di meditazione intercalati nella vicenda attraverso arie e cori su testi madrigalistici per la scelta dei quali Bach fu in questo caso particolarmente esigente.

Il testo e i personaggi

Il testo della Passione secondo Matteo venne preparato da Picander (pseudonimo del poeta Christian Friedrich Henrici, 1700-1764) sulla base della trama evangelica e della rielaborazione di altre fonti della poesia madrigalistica tradizionalmente in uso negli oratori di Passione. Da questi, Picander aveva tratto per esempio la caratterizzazione di un personaggio, la Figlia di Sion, rappresentata dal coro come allegoria dell’umanità sgomenta e pentita davanti al martirio di Gesù. Grazie all’uso del doppio coro, per tradizione funzionale a una forma di scrittura dialogica per blocchi contrapposti, Bach introduce un supporto drammatico anche in alcune delle più efficaci pause di meditazione inserite nel racconto. La maggiore consistenza drammaturgica del testo comporta infine la rappresentazione di un elevato numero di personaggi. Se nella Passione secondo Giovanni troviamo l’Evangelista (tenore), Gesù, Pietro e Pilato (bassi), l’ancella (soprano) e il servo (tenore), nella Passione secondo Matteo vengono aggiunti Giuda (basso), un’altra ancella (soprano), tre sacerdoti (bassi), la moglie di Pilato (soprano), Giuseppe di Arimatea (basso), due testimoni (contralto e tenore), oltre ai sacerdoti, alla Figlia di Sion, alla folla e ai soldati, tutti impersonati dai cori.

L’Evangelista e Gesù

La presenza di questa molteplicità di voci ha un evidente riscontro nella forma e nella varietà del recitativo. Il valore espressivo della declamazione dell’Evangelista è molto accentuato: la scrittura procede in questo caso attraverso intervalli molto ampi o è portata ai limiti dell’arioso, mentre l’accompagnamento del continuo non manca di proporre alcune efficaci associazioni descrittive (come nel caso del terremoto sulle parole «Und siehe da» dell’Evangelista).
La voce di Gesù è sempre accompagnata da sequenze di accordi o da brevi figure degli archi. Il modulo del recitativo accompagnato e la linea spesso ariosa del suo canto divengono in questo caso il segno che distingue con immediata evidenza l’unicità della natura divina del Cristo. Alla forma libera del recitativo sono consegnati alcuni dei momenti più interessanti dell’intera Passione secondo Matteo, poiché attraverso la sua elaborazione musicale Bach trasferisce le scene della vicenda narrata sul piano simbolico di un’atemporale universalità, di un più alto livello di preghiera. Basterà segnalare la scena dell’ultima cena, quando Gesù pronuncia le parole della consacrazione del pane e del vino in un arioso sorretto da quattro parti degli archi, oppure il momento del primo interrogatorio, quando le risposte di Gesù assumono un tono marcatamente profetico («Ihr werdet sehen») e l’accompagnamento accordale assume una configurazione quasi tematica. Solo sulle ultime parole di Gesù crocifisso («Eli, Eli, lama sabacthani!») gli archi tacciono. La scelta di servirsi in questo caso del recitativo secco potenzia un momento di intensa concentrazione religiosa, ma al tempo stesso riveste una funzione drammatica, sottolineata dalla linea arcaica della declamazione e dall’indicazione Adagio in partitura.

I cori

Le parti del coro sono distribuite in modo tale da sostenere l’impatto emotivo del racconto o da sospenderne la tensione in un afflato meditativo a seconda dei casi. Gli interventi della turba sono generalmente brevi, talvolta un semplice grido, come avviene per l’invocazione di Barabba che i due cori pronunciano in un accordo di settima diminuita, oppure rendono il fanatismo della folla attraverso un contrappunto che simbolicamente descrive un movimento convulso («Lasst ihn kreuzigen»). Proprio l’essenziale incisività di questi passaggi è tuttavia ciò che si staglia di fronte ai corali e ai testi madrigalistici di più ampio disegno. L’uso del doppio coro consente spesso una complessa scrittura dialogica, come avviene nel canone «Ja nicht auf das Fest» o in «Weissage uns». Questa idea del dialogo incide però su tutta la dinamica espressiva della Passione secondo Matteo ed è a volte estesa da Bach anche ai brani scritti per un solo coro («Herr, bin ichs») o alle arie nelle quali il doppio coro interviene insieme alle voci soliste. Il tema del corale «O Haupt voli Blut und Wunden» guida la scena della Crocifissione e fornisce il disegno melodico di altri momenti della Passione, dalla scena del Getsemani all’interrogatorio di Pilato, fino al corale «Wenn ich einmal soll scheiden».

Il prologo

Come si è detto, il momento di più alta concentrazione della scrittura bachiana è nel grande prologo per doppio coro, «Kommt, ihr Töchter». L’atteggiamento religioso di tutto il lavoro, la sua tensione verso i sentimenti di colpa e di pietà, viene alla luce proprio nella composizione di questo prologo e determina un’impronta che si distingue dalla natura più schiettamente tragica della Passione secondo Giovanni: proiettando le sue speranze sull’evento della resurrezione, la Figlia di Sion trova rimedio alla stringente necessità del sacrificio e riafferma la potenza del volere divino. Inoltre, proprio perché sposta il centro focale della vicenda dalla morte di Gesù alla prospettiva della resurrezione, il carattere del coro fornisce ai successivi momenti di meditazione un orientamento spirituale che li colloca a un livello diverso rispetto al decorso drammatico degli episodi. La flessuosa cantabilità delle arie e la scrittura di molte pagine corali della Passione secondo Matteo è largamente debitrice dell’impostazione data da Bach alla pagina di apertura.
Nel prologo, dopo una lunga introduzione dell’orchestra piena, il coro che rappresenta la Figlia di Sion chiama le sue compagne alla contemplazione del sacrificio e alla pietà davanti al cammino della croce. Al suo tema, svolto secondo una densa condotta contrappuntistica, fa eco il secondo coro con brevi domande, con lo sgomento di una folla che non ha più punti di riferimento. In seguito, la Figlia di Sion comparirà sempre nei momenti nei quali sarà più intensa la pietas per la Passione di Cristo. Ma sull’ampio disegno polifonico del coro iniziale si inserisce in un nuovo intreccio la voce degli angeli (destinata a un coro di voci bianche) che intona il corale «O Lamm Gottes unschuldig». La melodia del corale si alza luminosa come un solenne cantus fìrmus sullo scompiglio cromatico delle voci sottostanti, come la guida offerta dalla fede che conosce la via della verità e prefigura, con il sacrificio, la resurrezione di Gesù e la sua ascesa alla destra del padre. Ma le voci bianche intervengono come un’interpolazione: sembrano un’aggiunta che in qualche modo offre una guida “esterna”, la voce del dettato sacro che alimenta la speranza nel momento in cui i protagonisti della Passione si perdono nella dialettica dell’umiliazione e della pietà.

Le arie

La maggior parte delle arie della Passione secondo Matteo è generata proprio dal riferimento ideale ai tre sentimenti dominanti della colpa, della pietà e della speranza. L’evidenza della linea del canto è posta in ulteriore risalto dal prosciugamento dell’orchestra oppure dal dialogo cui essa è costretta con alcuni strumenti “obbligati”, cioè quasi concertanti, come avviene in «Aus Liebe will mein Heiland sterben» per soprano, flauto e due oboi da caccia, o ancora nella celebre aria del pentimento di Pietro, «Erbame dich, mein Gott», per contralto, violino solo e archi.

Salvador Dali – Resurrezione

Nei pezzi solistici della Passione secondo Matteo la vocalità conserva uno stile melodrammatico e una sintassi distesa, non troppo carica di complicazione né dal punto di vista melodico, né da quello armonico.
Come abbiamo visto, esso corrisponde bene alla lettura del testo sacro che Bach propone in questo lavoro. In quanto elementi di supporto di un’interpretazione già stabilita, le arie e gli ariosi si subordinano però nel loro senso espressivo alla guida offerta dai testi madrigalistici, elementi portanti di questa grande partitura.

Questa incisione si avvicina alle 4 ore, un’ora in più rispetto alla maggior parte delle registrazioni. Il coro d’apertura dura il doppio rispetto a molte altre registrazioni così come i corali. Secondo me, il vantaggio di quest’approccio risiede nell’apprezzare maggiormente questa stupenda polifonia . Lo svantaggio invece, consiste nel fatto che anche per l’ascoltatore esperto, la musica sembra mancare di ritmo e movimento. Un’altra decisione interpretativa consiste nell’uso di strumenti moderni che preferisco di gran lunga per la loro ricchezza di suono. Il coro è ampio e conferisce un senso di grandiosità e potenza. I solisti sono di altissima qualità. Magistrale la direzione di otto Kemperer. Registrazione eseguita nel 1962 e rimasterizzazione effettuata nel 1989. Audio più che buono. Altamente raccomandato.

Questa è una registrazione storica del 1954 che vede come conduttore il mitico Wilhem Furtwangler e il grande Dietrich Fischer-Dieskau, all’apice della carriera, interpretare Gesù. Ho trovato la scelta dei tempi e i frequenti rallentamenti un po’ stana, ma l’esibizione in generale è eccellente. Trasmette la visione che i tedeschi hanno di questa monumentale opera di Bach. Dato che Fischer-Dieskau interpreta Gesù, si potrebbe essere tentati di confrontare questa registrazione con quella famosa di Otto Klemperer, il quale interpreta lo stesso ruolo. Per i miei gusti, entrambi sono buoni e degni di nota: i tempi estremamente lenti di Klemperer potrebbero turbare qualcuno ma secondo me sono efficaci. Rimasterizzazione effettuata nel 1995. Altamente raccomando.