Ludwig Van Beethoven

Egmont – La battaglia di Wellington – Marce

Nella battaglia di Wellington Karajan adotta una misura audace (inni di battaglia, robuste cannonate, rumore di spade) nel trasformare questo letterale cavallo di battaglia in musica vera. La conduzione è toccante e quasi bellicosa. Bellissimo l’inno di vittoria (quasi un fuga). L’acustica di questa registrazione del 1970, insieme a tutte le altre caratteristiche del CD, è profonda ed estesa. L’approccio di Karajan alle musiche di scena da Egmont è marziale a giudicare dalla rapidità dall’ouverture che suona con entusiasmo dall’inizio alla fine. La voce di Gundula Janowitz è come sempre pura e assolutamente precisa nelle musiche di scena. Il CD contiene anche sette Marce eseguite dagli scintillanti fiatisti dei Berliner Philharmoniker di cui la più lunga (Marcia in RE minore per musica militare) dura circa sette minuti, le altre più o meno uno. Autorevole e dinamica (soprattutto nel Wellingtons Sieg) la direzione di Karajan con i Beliner Philharmoniker. Composizioni non impegnative ma piacevoli. Registrazioni eseguite dal 1969 al 1970 e rimasterizzazione effettuata nel 1989. Audio ottimo. Altamente raccomandato.

Egmont

“È un evento che dà veramente grande gioia, vedere due insigni maestri uniti in un’opera meravigliosa, e veder così soddisfatta nel modo più bello oggi l’esigenza d’un intenditore dotato di gusto e sensibilità…… ha senz’altro dimostrato tra tanti compositori di essere quello che ha saputo intendere in profondità nel suo intimo la qualità delicata e al tempo stesso vigorosa del testo poetico: ogni accento del poeta risuonava nell’animo suo come su una corda che vibrasse all’unisono, e così si è formata quella musica che ora, come una striscia luminosa intessuta di suoni radiosi, stringe e congiunge tutto l’insieme”.
Così scriveva E.T.A. Hoffman nel 1813 sulla “Allgemeine Musikalische Zeitung” di Lipsia, in una recensione delle musiche beethoveniane per l’ Egmont. Come Hoffman si espresse anche Goethe. Nel 1821 Marianne von Willemer scriveva a Goethe riguardo a queste musiche: “…… il medesimo spirito che anima le vostre parole vivifica i suoi suoni”. Goethe disse una volta che nel Mélodrame Beethoven aveva penetrato “con genialità mirabile” i suoi intendimenti.
Nella sua prima lettera a Goethe (del 12 aprile 1811) Beethoven celebrava “questo meraviglioso Egmont, che attraverso Lei io ho rimeditato, sentito e messo in musica con quel medesimo fervore con cui l’avevo letto”. La musica di Beethoven fu composta dall’ottobre 1809 al giugno 1810. Delle 10 parti di cui è composta, l’Ouverture fu l’ultima ad essere scritta. Certi suoi particolari fanno ricordare quella “grande” opera beethoveniana che pure è dedicata al “sovvenire d’un grand’uomo”, e cioè la Sinfonia “Eroica” e soprattutto il suo primo movimento. Nell’Ouverture egli offre sotto certi aspetti una visione d’insieme del dramma: alla fine della ripresa v’é l’accenno alla morte di Egmont, della Coda al trionfo dell’idea di libertà – e più concretamente: alla liberazione dei Paesi Bassi. Alla fine del dramma questa stessa musica risuona di nuovo come “Sinfonia di vittoria”.
I quattro Intermezzi da una parte riprendono l’accento espressivo e l’atmosfera della conclusione dell’atto precedente, dall’altra hanno la funzione di preparare l’inizio dell’atto successivo. L’Intermezzo 1o riflette dapprima l’animo di Brackenburg, deluso nel suo amore per Clarchen e disperato al punto da pensare al suicidio (Andante, Finale dell’atto primo).
Nell’Allegro con brio seguente trova espressione l’agitazione dei fiamminghi, corrispondente alle scene di popolo che aprono l’atto secondo. Quest’atto si conclude con il grande colloquio tra il conte Egmont e Guglielmo d’Orange: quest’ultimo mette in guardia Egmont contro il duca d’Alba, inviato dal re di Spagna a ristabilire l’ordine nei Paesi Bassi.
I toni gravi e austeri espressi dall’Intermezzo 2o (in un’unica sezione formale) sono da riferire sia alla conclusione dell’atto secondo che all’inizio del terzo, dove nelle prime due scene, con la figura della Reggente Margherita, vengono
agitate idee analoghe.
L’intermezzo 3o riflette dapprima i sentimenti di Clarchen dopo la scena con Egmont alla fine dell’atto terzo, e quindi raffigura in una marcia l’intervento delle truppe del duca d’Alba. Il suo governo tirannico e repressivo, che culmina nell’arresto di Egmont, è l’argomento dell’atto quarto.
Nell’Intermezzo 4o Beethoven si riallaccia all’Intermezzo 2o, e rievoca così i moniti di Guglielmo d’Orange (fine atto secondo), non presi in considerazione da Egmont, che era rimasto a Bruxelles mentre lo stesso Orange è fuggito – come del resto la stessa Reggente. La seconda parte di questo Intermezzo 4o è legato alle scene di Clarchen all’inizio dell’atto quinto: Clarchen non riesce a sommuovere il popolo perché liberi Egmont, e quindi nella certezza che l’amato sarà messo a morte, si avvelena. La musica che risuona immediatamente dopo il Mélodrame di Egmont condannato a morte, ne accompagna il sonno: in una visione gli appare Clarchen, e gli preannuncia che il suo sacrificio recherà la libertà alle province dei Paesi Bassi.
Herbert von Karajan

La vittoria di Wellington

Liberazione dalle odiate forze dell’occupazione: su questo tema, anche se in maniera totalmente differente, è imperniata anche l’op. 91 di Beethoven, “La vittoria di Wellington o La battaglia di Vitoria”. Dopo che nel 1808 le truppe napoleoniche avevano occupato la Spagna, scoppiarono numerose insurrezioni popolari contro l’invasore straniero. La resistenza antifrancese fu però coronata da successo solo quando entrò in azione, proveniente dal Portogallo, un esercito britannico guidato dal generale Wellesley, subito dopo nominato Lord Wellington. Questi riuscì infine, nella battaglia decisiva presso la città di Vitoria (nella Spagna settentrionale), il 21 giugno 1813, a sconfiggere i francesi e a cacciarli dalla Spagna.
Quando alla fine di luglio se ne ebbe notizia anche a Vienna, Johann Nepomuk Malzel, divenuto poi celebre per aver inventato il metronomo, comprese che la situazione era particolarmente favorevole – aveva fama di buon affarista! -per presentare al pubblico un pezzo di grande effetto scritto espressamente per il “Panharmonicon”, lo strumento meccanico da lui ideato e costruito. Malzel riuscì a convincere Beethoven a scrivere una composizione ad esso appropriata, e lo indusse anche a trascriverla per grande orchestra. In tale versione “La vittoria di Wellington” fu eseguita per la prima volta l’8 dicembre 1813 a Vienna ed ebbe accoglienze talmente entusiastiche che in breve tempo fu ripresentata al pubblico altre tre volte.
La “Sinfonia di vittoria”, come allora fu anche chiamato il pezzo, comincia con una illustrazione musicale della battaglia, preceduta dall’esposizione dei temi degli eserciti che si combattono: dapprima risuona la melodia del “Rule Britannia”, la marcia britannica, e quindi la canzone francese “Malbrouk s’en va-t-en Guerre”. Dalla scena della battaglia si passa poi ad una musica “d’assalto”, che si conclude con un Andante – dove il tema francese volto in modo minore sta ad indicare la sconfitta di quell’esercito. La seconda parte, la “Sinfonia di vittoria” vera e propria, si conclude con un fugato dall’andamento mosso sull’inno inglese “God save the King”.
Marce
Le Marce militari furono tutte scritte da Beethoven – tranne la grande Marcia W oO 24 – negli anni 1809/10. Solo delle due Marce WoO 18 e 19 si conosce la destinazione: erano state originariamente composte per l’arciduca Antonio d’Austria, che nella qualità di Gran Maestro dell’Ordine Teutonico ne comandava il Reggimento. In seguito Beethoven destinò queste due Marce all’esercito della Boemia, e dietro preghiera dell’arciduca Rodolfo, suo allievo e mecenate, acconsentì a farle suonare in occasione di uno spettacolo equestre dato il 24 agosto 1810 nel castello di Laxenburg in onore dell’imperatrice Maria
Ludovica.
Beethoven inviò le due Marce all’arciduca accompagnandole con parole non poco spiritose: “Mi accorgo che Vostra Altezza Imperiale vuol far provare gli effetti della mia musica ai cavalli. Sia pure, voglio vedere se in tal modo riusciranno a fare alcune destre capriole…… La musica equestre richiesta giungerà a Vostra Altezza Imperiale col galoppo più celere”.
Il titolo “Marcia di Yorck” dato al primo pezzo, quale si trova nella prima edizione a stampa, con ogni probabilità non è di Beethoven. La Marcia WoO 20, la “Ecossaise” WoO 22 (nonostante il titolo di “Scozzese”, si tratta pur sempre di una marcia militare) e la Polonaise WoO 21 ricevono il loro caratteristico colorito dall’impiego di strumenti cosiddetti “turchi”: triangolo e piatti. La grande Marcia WoO 24 fu composta nell’estate 1816 per il “Civico Corpo d’artiglieria dell’imperial-regia città capitale e sede governativa di Vienna”. La sua composizione fu un atto di cortesia verso il comandante del Corpo d’artiglieria, il consigliere municipale Embel. La piccola marcia WoO 29, di sole 20 battute, è scritta per un organico di soli fiati e non ha affatto un carattere militare. Con il suo tono cameristico questa Marcia appartiene piuttosto al genere della serenata.
Non si conoscono l’occasione e il periodo della sua composizione.

Hans-Gunter Klein

(traduzione: Gabriel Cervone)

Egmont, op. 84

«Egmont» – il più esteso ed importante gruppo di musiche sceniche beethoveniane – fu scritto – come disse l’Autore – «soltanto per amore del poema di Goethe», nel 1810, anche se egli era stato invitato a comporre l’opera dal Teatro Imperiale di Vienna, dove, – sono parole di Beethoven – «trattarono la mia musica senza nessuna cura, come del resto erano soliti fare». Il soggetto della tragedia di Goethe era particolarmente adatto a muovere l’ancestrale lato fiammingo del carattere di Beethoven: la sua «passione per la libertà» fu di nuovo chiamata ad operare e infiammò la sua ispirazione musicale. L’Ouverture – divenuta celeberrima nelle esecuzioni in concerto – è uno splendido esempio del nuovo spirito impresso a questa forma dal musicista. Essa, anziché costituire un semplice brano orchestrale introduttivo, ci offre, in una sfera sinfonica autonoma, una raffigurazione sintetica dei motivi che danno vita al dramma. Questo esalta, nella figura dell’eroico martire dell’indipendenza belga – il conte di Egmont, decapitato dagli spagnoli a Bruxelles nel 1568 -, la lotta per
la libertà e il sacrificio per amore di patria: temi, ripetiamo, congeniali all’animo fiero e generoso di Beethoven: che qui li trattò, come disse Goethe, «con un genio ammirabile». La parte introduttiva dell’ouverture, dove si alternano rudi accordi degli archi e dolenti accenti dei fiati, come a simboleggiare la presenza brutale degli oppressori e i gemiti degli oppressi – conduce ad un drammatico Allegro che, dopo un serrato e teso sviluppo degli elementi in lotta, risolve in un vittorioso Allegro con brio culminante in una luminosa fanfara contrappuntata da temi di folgorante energia.
La collocazione scenica degli altri pezzi musicali fu indicata dallo stesso Goethe: si tratta di quattro Intermezzi orchestrali, del brano che descrive la morte di Chiaretta, del «melodramma» per il sogno di Egmont e della Sinfonia di vittoria, che interviene dopo che il sipario è calato sulla tragedia. Ci sono inoltre due Lieder di Chiaretta, che costituiscono due tra le più belle liriche vocali scritte da Beethoven. In tutti questi pezzi è da notare, peraltro, la stupenda orchestrazione: che, giovandosi dell’esperienza delle sei Sinfonie scritte fino allora da Beethoven, ha il magico potere di evocare le figure dei protagonisti, l’ambiente dell’azione e il clima psicologico della tragedia.

LIED DI CHIARETTA
Chiaretta intona una sua preferita canzoncina militare, le cui parole riportano il suo pensiero all’amato Egmont.

INTERMEZZO I
Un brano che, nell’animazione dell’Allegro a note ripercosse e sincopi, sembra dipingere la rivolta dei fiamminghi contro gli spagnoli e il rabbioso sgomento degli oppressori.

INTERMEZZO II
Commenta lo stato d’animo di Egmont dopo il colloquio con Guglielmo d’Orange, che sembrava aver comunicato la sua ansia al protagonista.

LIED DI CHIARETTA
All’invito fattole dalla madre di accondiscendere all’amore di Brackenburg, Chiaretta risponde con una canzone che esprime un candido e giovanile amore. Ancora una volta, il suo pensiero è volto ad Egmont.

INTERMEZZO III
Un brano che segue al dialogo d’amore fra Egmont e Chiaretta: ma non c’è più l’atmosfera di quel tenero momento: vi si preannuncia, invece, la prossima lotta del popolo fiammingo e la sanguinosa repressione ordinata dal Duca d’Alba.

Wolfgang Goethe

INTERMEZZO IV
Questo pezzo, in cui si alternano accenti dolorosi e guerreschi, sembra esprimere il presagio di una tragedia imminente.

MORTE DI CHIARETTA
Condannato a morte, Egmont è in prigione. Chiaretta si uccide col veleno. La musica esprime con intensa efficacia il doloroso episodio.

«MELODRAMMA»
Com’è noto, col termine di «melodramma» si designa qui un melologo; accoslamento di un testo declamalo ad un accompagnamento strumentale. Egmont rinchiuso in carcere ha nel sonno la visione della Libertà (nelle sembianze di Chiaretta). La musica ha carattere piuttosto dolce e contemplativo. Ma quando Egmont si sveglia e riprende conoscenza della realtà il commento orchestrale si fa eroico, con scoperto uso di trombe e segnali di guerra: rulli di tamburi lontani gradalamente si avvicinano. La musica raggiunge il massimo della forza con le ultime parole di Egmont: «E per salvare quello che vi è più caro, cadete con gioia, coma io ve ne do l’esempio!».

SINFONIA DI VITTORIA
Dopo le ultime parole del monologo di Egmont, l’orchestra riprende l’inno trionfale costituito dall’Allegro dell’ouverture, che qui, però, alla luce della musica già udita, acquista un significato nuovo e di «effetto incomparabile».

La vittoria di Wellington ovvero la battaglia di Vittoria, op. 91

Questo brano, dedicato al principe reggente Giorgio d’Inghilterra, fu composto tra l’ottobre e il novembre 1813 e venne pubblicato a Vienna, dall’editore Steiner, nel febbraio 1816, in due fascicoli comprendenti la partitura e le parti d’orchestra. Il manoscritto originale è depositato alla Deutsche Staatsbibliothek di Berlino e della composizione l’autore parla in numerose lettere. Inizialmente la musica era stata ideata per il Panharmonicon, uno strumento meccanico, in grado di riprodurre il suono di archi, fiati e strumenti a percussione, inventato e costruito da Johann Nepomuk Malzel. E a questo venne dedicato in un primo momento il lavoro, ma poi il nome del Malzel venne cancellato (sembra che l’amico di Beethoven si fosse addirittura appropriato della «Schlachtsymphonie») e venne dedicato al suddetto principe reggente il quale, però, non sembrò gradire eccessivamente tale atto di omaggio.
Come annota Emily Anderson nelle «Lettere di Beethoven» pubblicate dalla Ilte, l’8 e il 12 dicembre 1813, nell’Aula Magna dell’Università, si diedero due concerti di grande successo a beneficio dei soldati austriaci e bavaresi feriti nella battaglia di Hanau. In quell’occasione furono eseguite per la prima volta la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92, e la Battaglia di Vittoria op. 91. I concerti furono ripetuti in due serate beneficile a favore di Beethoven alla Grosser

Redoutensaal il 2 gennaio e il 27 febbraio 1814, ottenendo un nuovo grande successo. Poco dopo il compositore, scrivendo a Nikolaus Zmeskall von Domanovecz, annotava: «Presto dovrò partire per Londra, se intendo ricavare qualche cosa dal Vellingtons Sieg».
In un manoscritto conservato al British Museum, diretto a George Thomson, Beethoven fa scrivere in data ottobre 1814, da altra mano, in un italiano non corretto, quanto segue, che pubblichiamo nella grafia originale: «Attesa la nostra antica conoscienza le offerisco una mia opera sul trionfo di Wellington nella battaglia di Vittoria la quale è composta di due parti: prima parte la battaglia, seconda parte sinfonia di trionfo. L’opera è scritta per grande orchestra, ha riscosso qui in Vienna un applauso generale ed a comune richiesta verrà anche adesso eseguita all’occasione della presenza de sovrani alleati. Potrà averla in partitura e in Estratto per Fortepiano da me stesso a questo fine composto qualora ciò sia di suo aggradimento. Basta che me ne faccia in tempo avvertito, affinchè possa prendere le necessarie misure. Questa composizione e dedicata al Principe Regente di Inghilterra e trattandosi d’un soggetto che tanto interessa la di Lei patria non può mancare di far fortuna».
Della stessa composizione Beethoven parla anche, sempre da Vienna, nel giugno 1815, al principe Esterhazy o, forse, al visconte Castlereagh; più probabilmente al primo, però, che era stato nominato ministro plenipotenziario austriaco a Londra. Tra l’altro egli dice: «L’opera esalta uno dei suoi più grandi condottieri e celebra un evento notoriamente glorioso della storia d’Inghilterra, che è stato uno splendido contributo alla liberazione dell’Europa».
Le due parti del lavoro si susseguono senza interruzione. La prima, che ha per titolo La battaglia, ha inizio con i «rulli del tamburo di parte inglese» seguiti da squilli di tromba dello stesso esercito. Flauto piccolo, clarinetti, fagotti, corni e tromba attaccano poi il Rule Britannia, una marcia ben scandita. Rispondono quindi i francesi con altri rulli di tamburi e altri squilli, che poi lasciano il passo alla Canzone di Marlborough intonata da un’orchestra composta dagli stessi strumenti di cui sopra a cui si aggiungono triangolo, piatti, grancassa e archi. Segue una piccola marcia in 6/8, anch’essa ben cadenzata. Quindi ha inizio il combattimento che si compone: della Battaglia (Schlacht) in Allegro caratterizzata da un disegno discendente di natura essenzialmente descrittiva; di un Meno allegro a ritmo di galoppo e infine di una Marcia d’assalto (Allegro assai). La visione della disfatta francese è data dalla stessa melodia della Canzone di Marlborough, presentata in moto stanco e in modo minore.

Giorgio IV

La Sinfonia di Vittoria caratterizza la seconda parte della composizione, pagina che presenta un tema irruente, che poi si traduce in marcia non troppo variata, con apparizione del tema di God save the King prima in Andante grazioso, poi in Minuetto moderato e festoso per giungere alla conclusione con un fugato sulla base dello stesso inno inglese.