Hector Berlioz
Te Deum
Oltre alla grandissima professionalità che riservava alle esecuzioni e ai conseguenti brillanti risultati che ne scaturivano, Claudio Abbado ha anche avuto il pregio di proporre brani da tempo non eseguiti o comunque assolutamente poco noti.
Tale è il caso del Te Deum di Berlioz, una delle opere titaniche del compositore francese, unitamente al Requiem e alla Sinfonia Funebre e Trionfale. Il Te Deum necessita di un’orchestra rinforzata (spesso due orchestre insieme), cui si aggiunge un organo solista, oltre a duecento coristi adulti e a qualche centinaio di voci bianche: il tutto per esaltare e ringraziare il Signore in un’opera che risulta al contempo religiosa e trionfale.
La registrazione qui presentata venne eseguita nella Cattedrale di St.Alban’s, dal vivo, nel 1982 e sotto la guida di Abbado suonava la European Community Youth Orchestra; i cori, due adulti, e ben sei composti da ragazzi erano capitanati da Richard Hickox, mentre l’organo – che alterna l’accompagnamento dell’orchestra all’esecuzione di pagine solistiche – era suonato da Martin Haselbock; infine completava il tutto la presenza del tenore Francisco Araiza, cui è affidato il movimento finale.
La riuscita dell’esecuzione di quest’opera, certamente non facile e immediata all’ascolto, è assolutamente notevole: sotto la guida di Abbado, che riesce a dominare queste immense masse orchestrali e corali, emerge costantemente un afflato religioso, dall’inizio al termine dell’opera, che ovviamente risulta più marcato nel terzo, nel quinto e nell’ultimo dei sei movimenti, che rappresentano dei momenti di preghiera; a questi si affiancano gli altri tre movimenti che viceversa sono dei veri e propri inni, vuoi di ringraziamento e di lode, ma anche di gloria (l’opera infatti, che subì numerosi ripensamenti e aspettò l’occasione opportuna per essere finalmente eseguita solo nel 1855, era stata inizialmente concepita per esaltare la figura di Napoleone e quindi doveva essere necessariamente permeata anche di un sapore nazionalistico e di echi trionfali). Grandiosa e imponente la registrazione in DDD effettuata nel 1982. Imperdibile!!
Dopo il Requiem (1837) e Symphonie funèbre et triomphale, composta nel 1840 per festeggiare il decennale della Rivoluzione di luglio, il Te Deum (1848/49) è stata la terza ed ultima delle composizioni di Berlioz in stile monumentale. Queste composizioni, concepite per un gran numero di esecutori e per ampi spazi, traggono da tale vastità di disposizione la loro caratteristica fisionomica. Berlioz fu particolarmente orgoglioso dei risultati cui era pervenuto in questo gruppo di opere: era un genere compositivo “di cui gli antichi non avevano avuto il più pallido presentimento”, ed egli era poi “pressoché l’unico tra i compositori moderni ad esservi penetrato”.
A rigore, il Te Deum di Berlioz non è una composizione liturgica, ma è nato piuttosto dall’idea di comporre un ciclo monumentale di spirito nazionale. Già nel 1835 Berlioz aveva progettato questo ciclo, che prevedeva sette parti e doveva intitolarsi Solennità musicale funebre in memoria degli uomini illustri della Francia; tale progetto non fu però realizzato. Ancora nel 1846 Berlioz compì un tentativo presso il Governo, perché gli fosse dato l’incarico di comporre una “Sinfonia militare con coro, un epos trionfale”. Questa Sinfonia, la cui connessione con il vecchio progetto è evidente, avrebbe dovuto avere il titolo di il ritorno dell’armata d’Italia, e sarebbe stata così una celebrazione di Napoleone.
Al fine di realizzare musicalmente almeno in parte quest’idea, Berlioz scrisse il Te Deum, senza averne ricevuto l’incarico e senza la spinta di circostanze esterne. La prima esecuzione assoluta del Te Deum ebbe luogo nel 1855, nella Chiesa di S. Eustache, nell’ambito delle manifestazioni ufficiali che si svolsero in occasione della prima Esposizione industriale di Parigi.
In un giornale si poteva leggere a proposito la seguente notizia, che si poteva basare solo su informazioni date dallo stesso compositore: “Questo Te Deum doveva far parte di una composizione di proporzioni colossali, di concezione per metà epica, per metà drammatica, e destinata a celebrare la gloria militare del Primo Console… nel momento in cui il generale Bonaparte avesse fatto il suo ingresso nella Cattedrale dalle enormi volte, avrebbe dovuto echeggiare d’ogni parte il sacro canto di lode, le bandiere avrebbero dovuto sventolare, e insieme al rullo dei tamburi e ai colpi dei cannoni le campane avrebbero elevato i loro suoni potenti. Questa è la spiegazione dell’impronta così marziale di questa composizione”.
Claudio Abbado
Alla bellicosa fanfara che conclude “judex crederis” segue infatti un Finale – che viene sempre omesso – dal titolo “Marcia per la presentazione delle bandiere”.
Nella versione originaria del Te Deum c’era anche un altro movimento, un “Preludio”, che doveva essere riservato appositamente per “celebrazioni d’una vittoria” o per altre “solennità militari”.
Il Te Deum di Berlioz, anche se è prospettato in una “rappresentazione” scenica, rimane tuttavia un’opera religiosa, pur nell’assoluta originalità di concezione. A partire dal terzo movimento Berlioz ha apportato profondi spostamenti al testo liturgico, con l’evidente intento di drammatizzarlo nella maniera che gli era propria – lo stesso aveva fatto a suo tempo con il Requiem.
Così il terzo movimento, contenente la Preghiera che secondo il testo originale avrebbe dovuto comparire molto più tardi, contrasta assai felicemente con i movimenti di carattere innodico e celebrativo (nn. 1,2, 4).
Il verso “judex crederis esse venturus” che posto pressappoco a metà del testo liturgico originale, diviene per Berlioz lo spunto per un Finale altamente drammatico, assai simile sia contenutisticamente che musicalmente al “lacrymosa” del Requiem. Il “Judex”, con la sua drastica eloquenza, evoca lo sgomento del Giudizio Universale, cui viene contrapposta la speranza nella redenzione.
Così Berlioz scrisse a Franz Liszt dopo la prima esecuzione del Te Deum, diretta dallo stesso compositore: “È stata una cosa colossale, degna di Babilonia o di Ninive…… io Ti assicuro che questa è un’opera gigantesca; il Judex oltrepassa tutte le smisurate proporzioni di cui mi sono già reso colpevole…… Sì, il Requiem ha ora un fratello, un fratello che era venuto al mondo con i denti……”
Wolfgang Domling
(Traduzione: Gabriele Cervone)
Berlioz: Te Deum
Monumentale, titanica, teatrale, romantica, visionaria, mondana. La musica di Hector Berlioz non lascia mai indifferenti: ma gli elementi che per primi colpiscono l’ascoltatore sono lo spessore e la ricchezza sonori e la rutilante fantasia melodica.
Come tutto questo si sia adattato alla musica sacra lo abbiamo già commentato a proposito della sua Messa solenne. Il “gesto” compositivo di Berlioz è un gesto forte, come ben sa chi ama le sue opere profane: come la famosissima Sinfonia fantastica.
Ma Berlioz è anche capace di stupire per la sua vena poetica, come nella stupenda Marcia dei pellegrini dell’Aroldo in Italia:
Il Te Deum somma questi due caratteri della musica di Berlioz. Sa giungere al cuore per certi suoi passaggi che ci invitano all’inno ed al canto.
Ma sa soprattutto trascinarci. Del resto il Te Deum è un canto di lode, di ringraziamento, di vittoria: Berlioz lo ricava da un progetto di sinfonia per celebrare la gloria di Napoleone E qualche anno fa il Tibi omnes venne usato per l’apertura delle Olimpiadi di Sidney.
E’ insomma profondamente vicino alla natura di Berlioz: compositore che sa stupire, ma lascia impressioni indelebili.
Hector Berlioz