Alexander Borodin
Sinfonie e composizioni varie
Borodin, il russo classico – di Sergio Sablich
Pur condividendo le idee di rinnovamento proprie a quello che nel 1867 il teorico e storico Vladimir Stasov definì “un piccolo ma possente gruppo di musicisti russi” (poi leggendariamente noto come Gruppo dei Cinque), Aleksandr Borodin si mantenne al suo interno in una posizione alquanto appartata. A questa scelta contribuì in buon misura il fatto che la professione ufficiale a cui si era dedicato non era la musica bensì la medicina: divenne infatti professore di chimica all’Accademia medico-chirurgica di Pietroburgo, la sua città natale. E in un certo senso “dilettanti” erano anche gli altri esponenti del “possente gruppetto”; a parte Balakirev, pianista eminente e insigne maestro, e, in seguito a una lunga disciplina di studi, il più giovane e brillante Rimski-Korsakov.
Ma proprio i due che più assomigliavano a Borodin, ossia Cui e Musorgski, si distinguevano per un’animosità a lui invece estranea. Era stato Musorgski a presentarlo nel 1862 a Balakirev, che subito, intuendone il talento, si era offerto di dargli lezioni di armonia e di composizione: materia che fino ad allora Borodin aveva coltivato non solo irregolarmente ma anche prevalentemente da autodidatta. Se è vero che Borodin amava definirsi “un compositore della domenica che si sforza di rimanere oscuro”, Balakirev volle subito metterlo alla prova e gli consigliò di scrivere una Sinfonia, genere che fino al quel momento Borodin aveva accuratamente evitato.
Ma era però digiuno di esperienze: proprio prima di quell’incontro per lui decisivo aveva soggiornato a lungo in Germania, interessandosi, con la curiosità tipica dell'”amateur”, alla musica europea, soprattutto strumentale.
L’inizio della sua Prima Sinfonia, per esempio, con l’introduzione lenta in minore (“Adagio”) che prepara l’apparizione in maggiore del tema dell'”Allegro”, fa supporre che egli volesse rifarsi deliberatamente a Haydn (il modello potrebbe essere nella Sinfonia n. 98). Fin da questo esordio l’invenzione melodica, elaborata mediante l’uso della variazione, è però profondamente ispirata alla tradizione popolare russa e impregnata di sentimento nazionale.
Borodin, che anagraficamente era il più vecchio del gruppo, fu il primo a tentare di connettere le nuove, ardenti conquiste della musica nazionale russa con un genere che per tradizione apparteneva a una cultura radicalmente diversa. Nessuno dei colleghi del suo circolo, con la parziale eccezione di Balakirev, scrisse mai Sinfonie: l’esempio di Borodin sarà raccolto e proseguito invece la Ciaikovskij. La produzione di Borodin in questo campo comprende due Sinfonie complete e il torso di una terza, virtualmente composta, almeno per il primo movimento, e con i successivi più o meno abbozzati, ma non messa in partitura.
Nei primi due casi si tratta di Sinfonie nel senso più classico del termine, articolate nei canonici quattro movimenti e riferibili a schemi del tutto tradizionali: la forma-sonata per i tempi laterali, lo scherzo e l’andante in forma di lied tripartito per quelli centrali (la particolarità dello scherzo sempre collocato al secondo posto può essere stata derivata da Mendelssohn, del quale Borodin era un grande ammiratore fin dalla giovinezza).
Se però la forma non cerca strade nuove (in nessun caso si può parlare di una tendenza, anche nascosta, verso il poema sinfonico, prediletto invece da Balakirev, o verso la suite sinfonica cara a Rimski-Korsakov), la sostanza poetica e musicale è fortemente intrisa di spirito russo: nei suoi ritmi, nelle sue danze, nelle sue melodie, nelle concatenazioni armoniche, nelle successioni tonali ortodosse ma non convenzionali, e perfino nell’orchestrazione, tendente a far risaltare più che l’omogeneità dell’insieme le peculiarità timbriche ed espressive dei singoli strumenti (ciò vale soprattutto per l’uso dei fiati, in senso solistico e concertante).
Sia nella Prima che nella Seconda Sinfonia fanno la loro comparsa melodie
tratte dal folklore caucasico, secondo quella aspirazione a superare le barriere regionali che fu propria del movimento nazionale: Borodin ripercorre un cammino verso la Sinfonia classica che dall’Europa, attraverso la Russia, ingloba anche l’Oriente.
Neeme Jarvi
In questo atteggiamento aperto al confronto ma niente affatto tenero verso condizionamenti culturali o individualismi (la musica di Borodin è molto meno occidentalizzata e sofferta di quella di Ciaikovskij) possono aver influito anche il carattere e la stessa attività che s’intrecciava con la composizione.
Borodin aveva abbracciato la professione medica per vocazione, facendone una scelta di vita: per lui l’emancipazione della Russia era un ideale che riguardava non solo il campo artistico ma anche quello scientifico e sociale.
Può darsi che il suo equilibrio, il suo fondamentale ottimismo si rispecchiassero anche nell’ambizione di saldare musica europea e musica russa, tradizione romantica e carattere nazionale, in una sorta di utopica universalità di segno positivo e costruttivo. Ne fosse consapevole o meno, il suo obiettivo fu quello di dare all’espressione artistica della sua patria una misura classica, lirica ed epica insieme. Ciò spiega perché l’ala oltranzista del gruppo lo accusasse, ingiustamente, di “classicismo” (che è cosa diversa da ciò che egli perseguiva, l’ideale classico di una musica russa); mentre invece Rimski-Korsakov, figura centrale della mediazione, lo osservò dapprima con curiosità, poi con aperta ammirazione.
Quando Balakirev gli suonò alcune parti della Prima Sinfonia di Borodin, Rimski provò istintivamente meraviglia, ma rimase scettico. Solo quando Borodin stesso gli fece conoscere il resto del lavoro, la meraviglia si mutò in comprensione, e l’opera nel suo complesso gli piacque. Questo episodio, narrato da Rimski nelle sue Memorie, è significativo; l’iniziale diffidenza per una musica formalmente concepita in senso classico si muta in convinta adesione solo quando l’intero arco della composizione risulta chiaro. E l’adesione è data proprio dal fatto che essa non smentisce i principi dell’identità nazionale.
La Prima Sinfonia in mi bemolle maggiore, iniziata nel dicembre 1862 e ultimata cinque anni più tardi, nel 1867 (non erano solo gli impegni professionali a esigere tempi così lunghi), fu eseguita per la prima volta in forma privata il 7 marzo 1868 a Pietroburgo sotto la direzione di Balakirev, con esito contrastato. Il successo le arrise alla prima esecuzione pubblica, il 16 gennaio 1869; e ciò bastò a convincere Borodin a intraprendere un nuovo tentativo.
La composizione della Seconda Sinfonia in si minore si protrasse ancora più a lungo, dal 1869 al 1876. (Proprio nel 1869 iniziò la sua unica opera teatrale, rimasta incompiuta, Il principe Igor).
La prima esecuzione della Sinfonia avvenuta a Pietroburgo il 10 marzo 1877 sotto la direzione di Eduard Napravnik, venne salutata dagli amici con giudizi entusiastici (Stasov parlò di “Eroica slava”, Musorgski di “forza leonina”); mentre il pubblico rimase interdetto, soprattutto non ravvisando in essa quel programma che altri, a cominciare da Stasov, vi avevano visto: la celebrazione del popolo russo.
Borodin si sarebbe riaccostato al mondo della sinfonia nel 1882, dopo aver
colto, nel 1880, un successo questa volta davvero incontrastato con lo schizzo sinfonico Nelle steppe dell’Asia centrale: dedicata a Listz, suo convinto ammiratore, la partitura illustra in modo originale il programma annesso di un “tableau vivant” che celebra il 25o anniversario della salita al trono dello zar Alessandro II e combina con trasparente, conciliante metafora il tema di una canzone russa con una melodia orientale: “il canto russo e la melodia asiatica si fondono in un’unica armonia, la cui eco si perde a poco a poco nelle lontananze della steppa”.
Quanto alla Terza Sinfonia in la minore, Borodin non arrivò a metterla per iscritto e alla sua morte ne lasciò appuntati in forma ordinata solo i frammenti dei due primi movimenti, che furono integrati e orchestrati nel 1888 da Aleksandr Glazunov: lo stesso che, con Rimski-Korsakov, completò Il principe Igor per renderne possibile la rappresentazione nel 1890.
A loro si deve anche l’orchestrazione delle fastose Danze polovesiane, forse la pagina più famosa che rechi il nome di Borodin, nonché la ricostruzione dell’intera “Ouverture” sulla base dei ricordi di un’esecuzione al pianoforte improvvisata dall’autore.
Frutto di trascrizioni sono anche il Notturno, ricavato da Nikolai Cerepnin dal movimento lento, il terzo, del Secondo Quartetto in re maggiore, e la Petite Suite, originariamente per pianoforte, una raccolta di brani orchestrata da Glazunov nel 1889, quando Borodin si avviava ormai a diventare un pezzo della storia della musica russa dell’Ottocento.
Registrazioni in DDD eseguite dal 1989 al 1991.