Khachaturian Aram

Sinfonia n. 2 – Gayaneh Suite

La mia conoscenza della musica di Aram Khachaturian si limitava fino a poco tempo fa alla famosa “Danza delle spade” tratta dal famoso balletto “Gayaneh”. La mia scoperta su Khachaturian continuò con l’acquisto di questo raro CD della seconda sinfonia n. 2 “La Campana” diretta dallo stesso autore. La qualità di questa registrazione del 1962 è incredibile sia dal punto di vista dell’audio che della musica. I ritmi serrati e dinamici di Khachaturian a capo dei mitici Wiener Philharmoniker degli anni 60’vengono fuori con forza in tutta la durata di quasi un’ora della sinfonia con un’apoteosi finale di rintocchi di campane strabiliante. Ascoltare il compositore stesso dirigere una sua opera permette di cogliere l’essenza del suo linguaggio. All’interno del disco c’è una Suite del famoso balletto “Gayaneh”, che include la nota esibizione della “Danza delle spade” insieme ad altri estratti del balletto. La musica da sola caratterizza lo stile del compositore e il saggio nel libretto del CD è molto utile. Questo disco fornisce la rara opportunità di ascoltare Aram Khachaturian che dirige la sua stessa musica e credetemi, è qualcosa di speciale. Registrazioni eseguite dal 1962 al 1963 e rimasterizzazione effettuata nel 1990. Audio ottimo. Altamente raccomandato.

Sinfonia n. 2 “La campana”

In questi tempi di glasnost è facile dimenticare che lo Stato sovietico ha esercitato a partire dagli anni Trenta un controllo sistematizzato sull’attività dei compositori russi. Un’intera generazione di compositori quali Sciostakovic, Prokofiev, Kabalevski e Khachaturian, si sono trovati vittime di pressioni ideologiche particolarmente forti, mentre la secolare xenofobia congenita alla Russia di allora spalleggiava l’imposizione spietata dell’ideologia. La xenofobia è caratterizzata dall’odio degli stranieri e, quasi ironicamente, fu lo scoppio della grande guerra patriottica del 1941 che, pur in un contesto limitato, concesse ad alcuni compositori una libertà d’espressione impensabile durante la tirannica “pace” imposta da Stalin. Se un compositore russo, chiamato ad esprimere la sofferenza dei propri compatrioti e la barbarie del conflitto da loro vissuto, avesse avuto in mente le atrocità di Stalin anziché quelle di Hitler, chi mai avrebbe potuto distinguerle? Non aveva forse scritto Ilya Ehrenburg, dopo aver udito la sinfonia “Leningrado”: “La musica ha un grosso vantaggio: senza dir nulla esprime tutto”? Ciò può bastare come cornice generale sia alla Settima sinfonia di Sciostakovic che alla Seconda sinfonia di Khachaturian, scritta nel 1943. Khachaturian non era russo, ma armeno, e le più vistose caratteristiche della sua musica sono il suo legame e la sua derivazione dal folclore natio dell’Armenia. In questa sinfonia è il secondo movimento ad evocare con maggiore vivacità le culture della Russia asiatica, con le sue melodie appassionate, la strumentazione colorita ed esotica, i ritmi energici di danza, il focoso virtuosismo (è stato suggerito che nelle mani di Khachaturian il realismo socialista viene a rassomigliare in modo attraente la “fuga nel sogno” orientaleggiante dei compositori russi pre-rivoluzionari, come il Balakirev di Islamey). Eppure, in altri punti, gli sgargianti costumi locali cedono il posto ad una veste rossa più monocroma, poiché la musica è tratta dall’agonia del popolo russo. L’adagio è una colossale marcia funebre/requiem/elegia dall’incedere inesorabile, in cui appare l’interpolazione stranamente commossa e quasi orante di quell’inevitabile, arcaico amalgama di mestizia ed afflizione che è il Dies Irae del tredicesimo secolo. Eppure tale fatalismo sembra qua distintivo, giacché l’intervallo predominante dell’Adagio, la terza minore, è anche quello della campana che dà il nome alla sinfonia, la campana d’allarme. Il suo segnale risuona alto e chiaro nelle battute iniziali del primo movimento (ed in altri punti strategici della sinfonia), poiché questo movimento, come quello della “Leningrado” è quello più programmaticamente connesso all’avanzata degli invasori. E non ci si deve stupire di trovare qui impiegato quel metodo costruttivo a mosaico così caro ai russi, dato che il tessuto musicale del
compositore è quello di un cantore-ballerino (fin dalla prima infanzia intriso della musica locale armena), e dato che il rapporto del cantore-ballerino con il tradizionale primo movimento in forma di sonata era debole e poco convinto (si pensi a Ciaikovskij e a Prokofiev). Mentre i primi tre movimenti sono tutti cospicuamente colorati dal triste grigiore della terza minore, la prima importante caratteristica del tema del Finale è la terza maggiore, altrettanto radicalmente associata con l’ottimismo: infatti ora, oggetto di questo movimento Finale (eseguito qua nella revisione compatta ed efficace del compositore) è il trionfo del popolo russo sull’oppressore. Lo sciovinismo da quattro soldi, connaturale alla musica propagandistica, viene qua evitato perché Khachaturian può veramente cantare il suo inno di vittoria. Il corno canta il tema sostenendolo con orgoglio per delle lunghe frasi sonore, sostituendo la magniloquenza tipica delle fanfare di trombe e dei ritmi dei tamburi.

Gayaneh-Suite

Gayaneh, il secondo balletto di Khachaturian, fu scritto un anno prima della Seconda sinfonia, ed è ancora più legato alla terra natia del compositore. È una storia ambientata in una comune agricola nel distretto delle coltivazioni di cotone nel sud dell’Armenia. Gayaneh (nome dell’eroina ed anche della moglie del compositore), ha per marito un ubriacone buono a nulla. Oltre a maltrattare la moglie, costui rappresenta anche una minaccia al lavoro della comune, ed essa lo denuncia ai compagni. Preso dall’ira, il marito assale la donna, salvata dal provvidenziale arrivo di una pattuglia dell’esercito russo. Lo scellerato viene esiliato, e il balletto termina fra il tripudio generale, in un vivace assortimento di danze nazionali comprendenti la vigorosa Danze delle spade, la maestosa lezghinka e la gioiosa Gopak.

(Traduzione:DECCA 1990 Gabriele Azzaro)

Aram Khachaturian