Vivaldi Antonio
Le Quattro Stagioni
Essendo una delle poche composizioni di musica classica conosciuta praticamente da tutti, anche da chi di solito”ignora completamente la classica”, le Quattro Stagioni di Vivaldi sono, per logica conseguenza, anche l’incisione discografica più “inflazionata del mercato”, con decine e decine di versioni in circolazione. Versioni che si sono moltiplicate dopo la Vivaldi renaissance degli anni ’80, anche per merito dell’introduzione di esecuzioni con strumenti originali e prassi esecutiva barocca, e che vedono impegnato pressoché tutto il “Gotha del settore”, da Harnoncourt a Hogdwood, da Pinnock a Alessandrini, dalla Akademie für Alte Musik a Marcon (con Carmignola al violino). E allora perchè dare 5 stelle e collocare pressoché al vertice delle mie preferenze questa versione del 1979, con orchestra moderna, la London Symphony (seppure a ranghi ristretti) guidata da Claudio Abbado? Proprio io che sono quasi un fanatico della musica barocca suonata con strumenti originali e prassi esecutiva barocca, sono rimasto a bocca aperta quando ho sentito per la prima volta questo CD, regalatomi molti Natali fa da un amico, e messo sul vassoietto del cd-player in maniera quasi sbadata, pensando: sentiamo che disastro combina adesso Abbado in Vivaldi (avendo io nelle orecchie già decine di belle incisioni con strumenti originali,..). E invece …che sorpresa!!
Gidon Kremer
Abbado ha “ristretto” la sua orchestra e la fa suonare, seppure su strumenti moderni, in maniera assolutamente credibile per un’opera barocca, con leggerezza, poco vibrato, eleganza nei dialoghi fra i diversi strumenti. E poi è affiancato in questa impresa dal più grande violinista degli anni ’80 e ’90, Ghidon Kremer, che ha un suono e un’arcata davvero unici. La bellezza, la varietà strumentale (con il clavicembalo che si alterna, come da scrittura originale vivaldiana, con l’organo come basso continuo) fanno di questo CD un vero e proprio capolavoro di interpretazione. E con il senno di poi, con Abbado che fonda l’orchestra Mozart e ci lascia incisioni di Pergolesi indimenticabili 30 anni dopo, come poteva essere diversamente? Un CD consigliatissimo, con buona pace degli “ultras” (come sono anch’io..) degli strumenti d’epoca.
Una nota tecnica: la registrazione è in ADD, ma di buona qualità (anche se il violino solista è troppo grande rispetto all’orchestra e l’immagine degli strumenti non è sempre stabile sul palcoscenico virtuale, ma questi sono dettagli per i puristi audiofili come me..).
Questo cd è da oltre 30 anni uno dei più venduti del catalogo Emi. Il motivo sta negli interpreti: Anne Sophie Mutter, come solista, i Wiener Philharmoniker e la loro cristallina leggerezza, e la direzione elegante e ispirata di Herbert von Karajan. Si tratta di una delle prime registrazioni che vedono lavorare insieme la violinista Anne-Sophie Mutter e Karajan. Era stato il direttore salisburghese a scoprirla, in un concerto a Lucerna, e a lanciarla in una straordinaria carriera. Audio in DDD eccezionale. Registrazione eseguita nel 1984. Altamente raccomandato. CD da annoverare nella vostra preziosa collezione.
Concerto in mi maggiore per violino e orchestra “La primavera”, op. 8 n. 1, RV 269
“Tra questi pochi e deboli Concerti troverà le Quattro Stagioni”
Forse Antonio Vivaldi non immaginava, al momento di scrivere queste parole nella lettera dedicatoria al conte boemo Wenzel von Morzin in occasione della prima pubblicazione dell’op. VIII (Le Cène, Amsterdam, 1725), quale fama imperitura gli avrebbero reso quei “deboli” Concerti.
Nell’edizione – che esce suddivisa in parti separate come era consuetudine per una immediata pratica esecutiva – la musica è accompagnata da quattro
“sonnetti dimostrativi” in chiara funzione didascalica (sottolineata dallo stesso Vivaldi nella prefazione: “essendo queste accresciute, oltre li Sonetti con una distintissima dichiaratione di tutte le cose, che in esse si spiegano”).
La qualità poetica non è particolarmente alta e tutto lascia pensare che siano stati scritti da Vivaldi stesso o da un suo collaboratore al fine di agevolare la “comunicazione” del linguaggio musicale all’ascoltatore (vedi P. Everett, Vivaldi. Le Quattro Stagioni e gli altri concerti dell’Opera Ottava, Venezia, Marsilio, 1999). Si trattò evidentemente di una intuizione geniale, che a posteriori potremmo giudicare come una riuscitissima operazione di “marketing” musicale.
Il ciclo si apre in maniera gioiosa e luminosa con La Primavera (Concerto n. 1 in mi maggiore RV 269): il tema iniziale (Allegro con il motto “Giunt’è la Primavera”) – che funge da ritornello (già utilizzato peraltro da Vivaldi nella breve Sinfonia di apertura del Giustino nel quale è associato emblematicamente all’apparizione della dea Fortuna) – ha la verve della spensierata danza di corte interrotta di volta in volta dal canto degli uccelli o dai nuvoloni all’orizzonte resi dagli squarci solistici del violino.
Il movimento lento (Largo con il motto “Il capraro che dorme”), dal carattere misterioso e malinconico, riecheggia, con gli archi di sottofondo, il dolce fruscio delle piante; ma con la “Danza pastorale” finale l’atmosfera torna ad essere ritmica ed effervescente, come si conviene alla più promettente delle stagioni.
Concerto in sol minore per violino, archi e continuo “L’estate”, op. 8 n. 2, RV 315
Di tutti i Concerti del ciclo, l’Estate (Concerto n. 2 in sol minore RV 315) è quello che più si presta ad essere considerato nel suo complesso, senza distinzione nei vari movimenti: da una parte la tonalità unificante (sol minore) e dall’altra la progressione degli stadi emozionali (dalla “Languidezza per il caldo” al “Timore dei lampi e dei tuoni” fino al “Tempo impetuoso d’estate”), conducono l’ascoltatore ad un climax di sensazioni assolutamente coinvolgenti ed esaltanti, rese dalla scrittura musicale con effetti quasi “visibili”.
Concerto in fa maggiore per violino, archi e continuo “L’autunno”, op. 8 n. 3, RV 293
Nell’Autunno (Concerto n. 3 in fa maggiore RV 293) è l’uomo a tornare protagonista nel godersi i frutti del suo lavoro: il raccolto, il vino, la selvaggina. E quindi può divertirsi (Allegro iniziale con il “Ballo e canto dei villanelli”), può lasciarsi andare agli eccessi (“L’ubriaco”), può sprofondare in un meritato e “sudato” riposo (Adagio molto – “Dormienti ubriachi”), e può anche dimostrare la propria gagliardia (Allegro – “La caccia”).
Concerto in fa minore per violino, archi e continuo “L’inverno”, op. 8 n. 4, RV 297
La sensazione dell’arrivo dell’Inverno (Concerto n. 4 in fa minore RV 297) è dato da un incipit privo di melodia, caratterizzato da aspre dissonanze: un’articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo delle membra (Allegro non molto – “Agghiacciato tremar orrido vento – Correr e batter i piedi”).
Anne-Sophie Mutter
Ma ecco il calore di un riparo (Largo – “La gioia del focolare – Fuori piove”): una serena melodia di “benvenuto” ci conforta mentre le gocce di pioggia (descritte con i pizzicati dei violini) rimbalzano lontane. Fuori la musica “scivola” sul ghiaccio (Allegro finale) ed è in balia dei venti ma nonostante il freddo continua con i suoi ritmi, i suoi giochi e la sua capacità di stupire.