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BIBLIOGRAFIA
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Osservare, anche se ad una distanza non molto ravvicinata, come nel
nostro caso, l'arte musicale di Wolfgang Amadeus Mozart,
significa riassumere il cammino della musica del diciottesimo secolo.
Mozart, infatti, è stato un inesauribile assimilatore di tutte
le mode, gli stili del far musica del suo secolo, dai compositori
più celebri fino a quelli più sconosciuti.
Ogni genere di musica viene da lui trasfigurato in una nuova forma
che ne rappresenta la sintesi. Questo avviene anche per l'opera. Mozart
vive perfettamente inserito nel mondo musicale che già da giovanissimo
inizia a frequentare, quando dalla nativa Salisburgo inizia a viaggiare
con il padre per tutta Europa.
I suoi primi lavori lo dimostrano: ne “La finta semplice
" (1768), composta a dodici anni, e ne “La
finta giardiniera" (1775). L’autore mostra quindi
di conoscere alla perfezione i meccanismi dell'opera buffa e semiseria
della tradizione napoletana. Altrettanto si può dire dell'opera
seria; basta ascoltare il “Mitridate re di Ponto"
(1770), il “Lucio Silla" (1772) o “Il re pastore" (1775), o
“Idomeneo, re di Creta" (1780) nei quali
sono perfettamente ravvisabili echi dell'opera gluckiana. Quando Mozart
si trova ad affrontare il genere tedesco del Singspiel ne risolleva
le sorti, cambiandone completamente i tratti.
Da una sorta di sottogenere teatrale quale era, egli ne fa uno spettacolo
nobile, dando così il definitivo impulso allo sviluppo di un'opera
nazionale tedesca.
Ne “Die Entfuhrung aus Serail" (“Il ratto
dal serraglio", 1782) ed in “Die Zauberflote"
(“Il flauto magico", 1791) Mozart inserisce il
canto virtuosistico dell'opera seria, e lo affida ai personaggi di
Costanza e della Regina della notte.
Non era però virtuosismo fine a se stesso, ma strettamente
congiunto al carattere delle due protagoniste. Le acrobazie vocali
di Costanza sono in un certo senso la barriera che ella interpone
a difesa del proprio onore e della propria fedeltà al suo unico
amore, mentre gli adamantini picchiettati della Regina della notte
ne accentuano la fisionomia di donna gelida, notturna, lunare.
Accanto a questi caratteri, Mozart ne accosta alcuni dai tratti più
disparati : comici (Osmin e Papageno), lirici (Belmonte, Pamina, Tamino)
e così via.
L'incontro di Mozart con il librettista Lorenzo Da Ponte porta alla
creazione di quella trilogia italiana composta da “Le nozze
di Figaro" (1786), “Don Giovanni" (1787), “Così
fan tutte" (1790), considerata tra i massimi capolavori della
storia della lirica.
Qual è la grandezza di queste opere? Difficile
dirlo in poche righe.
A proposito di queste tre partiture, si sono sparsi fiumi d'inchiostro
per cercare di interpretare quello che si nasconde dietro la loro
apparente semplicità. Ad un primo impatto, tutto sembra procedere
secondo le più rispettose regole del tempo, ma, ad un più
attento esame, questi schemi vengono superati, trascesi dalla necessità di far procedere il dramma, esigenza alla quale Mozart non rinunciava
mai.
Non va poi sottaciuto il fascino ambiguo che sprigionano questi lavori.
Sono considerate opere buffe o, come il “Don Giovanni",
dramma giocoso, ma il comico o il giocoso non sono un esile velo dietro
al quale si cela il dramma che ne “Le nozze di Figaro"
si esprime nei contrasti di classe, o in “Così fan tutte" nel cinico gioco tra personaggi.
Nel “Don Giovanni" poi, il dramma è tangibile, lo
si avverte fin dalle prime note e, il continuo scontro tra moralità
e amoralità, costituisce uno degli aspetti più affascinanti
di quest'opera.
C'è poi un altro dramma, quello che Mozart nasconde nel carattere
dei suoi personaggi e che scaturisce dal ministero esistenziale del
rapporto dell'uomo con se stesso. Basta guardare al Cherubino de “Le
nozze di Figaro", al personaggio di Don Giovanni, al Sarastro
de “Il Flauto magico" che sicuramente sono i caratteri
più emblematici del teatro mozartiano.
Mozart ha concentrato su di sé gli interessi musicali dell’ultimo
scorcio del diciottesimo secolo.
Maurizio Tagliabue
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