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BIBLIOGRAFIA
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Giacomo Puccini è la principale figura dell'opera italiana
negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Autore tra i più eseguiti ed amati in tutto il mondo, già
in vita ha goduto le gioie della fama e del trionfo.
Dopo le prime composizioni giovanili: “ Le Villi ” ed
“ Edgar ”, il successo gli giunse nel 1893, quando portò
sulle scene del Teatro Regio di Torino "Manon Lescaut",
mettendosi subito in competizione con un'altra "Manon",
quella di Massenet che godeva di grande popolarità.
Puccini mise subito in luce la sua personalità creando un personaggio
suo. Massenet diceva di sentire il romanzo da francese, con la cipria
e i minuetti. Puccini, invece, lo sentiva da italiano, con passione
disperata.
Le tre opere successive "Bohème" (1896) "Tosca"
(1900) e "Madama Butterfly" (1904) sono ancora oggi tre
capisaldi del repertorio lirico di ogni tempo.
In esse il grande talento di Puccini appare già nel pieno delle
sue capacità: un affascinante lirismo unito ad un altrettanto
forte intuito drammatico dovuto anche alla minuziosa cura che Puccini
riponeva nella scelta del soggetto e nello sviluppo del libretto.
Lo dimostrano le sue opere, sempre diversissime tra loro per situazioni
ed ambientazioni. Le opere appena citate ne sono un chiaro esempio.
In "La fanciulla del West" (1910) Puccini affronta con accenti
di grande modernità un tema commisto di avventura e realismo.
Ne "La rondine" del 1917, opera a lungo bistrattata ma giustamente
rivalutata, il compositore dispiega, invece, un discorso musicale
fluido, con notazioni sottili, con insinuazioni incisive e tocchi
raffinati.
Predomina lungo tutta l'opera il valzer che, però, nelle mani
di Puccini prende il suo significato di spensierata allegrezza conquistando
toni sensuali e malinconici.
Nel " Trittico " (1918) composto da " il Tabarro”,
" Suor Angelica " e
“ Gianni Schicchi ", i contrasti si fanno più che
mai evidenti.
Nel "Tabarro" e "Suor Angelica" vi sono due visioni
del dramma, l'una cupa, carica di tensione repressa e l'altra più
idilliaca in cui i contrasti sembrano apparentemente affievolirsi
nei gesti quotidiani. Così, al grande dramma interiore vissuto
da Suor Angelica si contrappone la semplice quotidianità della
vita di convento.
Sia nel " Tabarro " che in " Suor Angelica " emerge
un denominatore comune: la solitudine e l'incomprensione.
In contrasto con i due drammi vi è " Gianni Schicchi ”,
una concessione di Puccini alla commedia brillante, nella quale emerge
la mordacitá toscana del compositore.
Nella sua ultima opera, " Turandot " (1926), rimasta incompiuta
e completata da Franco Alfano, Puccini ritorna ad un tema esotico
e fiabesco ma commisto di tragico, nel quale i personaggi vivono le
proprie passioni: l'amore infelice di Liù per l'eroico Calaf
che ama la gelida principessa Turandot.
In modo del tutto arbitrario, talvolta, si tende genericamente a classificare
Puccini tra gli idealisti.
In " Bohème ", " Tosca " e " Butterfly
" sono evidenti anche altri aspetti dello stile pucciniano: la
ricchezza del linguaggio e del colore espressivo del canto, quel gusto
per le piccole cose, e, di conseguenza, per le sfumature dei sentimenti
che si evidenziano nei suoi ritratti femminili psicologicamente accurati.
Raramente in Puccini le passioni sono declamate: egli, al contrario,
circonda le sue figure di un clima musicale diverso per ciascun soggetto
trattato.
Uomo di cultura, Puccini è attento ai moderni movimenti musicali
e ciò appare chiaro nella strumentazione. La sua orchestra
non è mai piatta, tutt'altro, è sempre raffinatissima
e trasparente, ricca di sottigliezze timbriche ed armoniche, anche
se il suo non è un linguaggio palesemente ardito come quello
di altri autori europei della sua epoca
Un magistero che Puccini mantenne sempre.
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